E’ proprio il caso di dire che i mercati ormai da tempo si stanno
cuocendo a fuoco lento Deutsche Bank, nuovi minimi storici della
principale banca tedesca, fanno cambiare rapidamente idea anche
all’integralista Weidmann…
E’ incredibile come dopo aver cercato di distruggere i sistemi
finanziari di mezza Europa, attraverso il loro integralismo di maniera,
guai a creare più debito, guai a creare più liquidità sui mercati,
questa gente all’improvviso, di fronte alla triste realtà di un sistema
bancario locale in evidente affanno, cambi all’improvviso idea…
Questo signore dopo aver testimoniato contro Draghi presso la Corte
costituzionale tedesca nel 2012, contrario in tutto e per tutto a
qualunque decisione degli ultimi anni, ora che i giochi tra la Merkel e
Macron sono quelli di spartirsi l’Europa futura, cambia idea e si
prepara a diventare governatore della BCE, la tomba dell’intera Europa.
Dopo questa notizia, anche se io sono come San Tommaso e non ci credo
sino a quando non vedo, dopo questa notizia abbiamo assistito ad un
rally dei nostri titoli di Stato, vediamo cosa succede nei prossimi
giorni, per il momento lo spread resta in tensione e come abbiamo
scritto nell’ultimo Machiavelli, non è ancora sotto controllo.
Nel frattempo cattive notizie dall’economia tedesca, mentre Italia e
Francia sono in leggera ripresa, Germania palla al piede d’Europa…
Fermiamoci qui, il maialino continua a girare sulla graticola dei
mercati e torniamo in America, perchè li sta cuocendo a fuoco lento,
un’intero bisonte, altro che un maialino qualunque.
L’indice IHS Markit dell’indice dei responsabili degli
acquisti di prodotti manifatturieri USA (EBT) finale destagionalizzato
ha raggiunto il valore di 50,5 a maggio, in calo rispetto a 52,6 di
aprile. L’ultima intestazione ha segnato solo un leggero miglioramento
delle condizioni operative, con l’ultima lettura la più bassa da
settembre 2009. I dati del secondo trimestre fino ad ora hanno indicato
un netto rallentamento nel settore manifatturiero rispetto ai primi tre
mesi del 2019.
Davvero pessime le notizie in arrivo anche dal settore delle costruzioni…
Se qualcuno ha bisogno di interpretare meglio questo grafico qui
sopra alla luce della solita tempesta in un bicchiere d’acqua,
suggerisco la fine di questa ennesima ripresa immobiliare drogata dal
debito.
Nel frattempo dopo aver messo nel mirino il Messico, Trump sembra annunciare sorprese anche per India e forse Australia…
Una guerra commerciale sempre più aspra, che non esclude colpi di
scena all’ultimo momento come nell’incontro previsto a fine mese ai
margini del G20 in Giappone, talmente aspra che fa dire ad uno dei
governatori della Fed pubblicamente, che è arrivato il momento di
ridurre i tassi…
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – New York, 03 giu – Un
taglio dei tassi “potrebbe essere presto necessario”. Lo ha detto James
Bullard, presidente della Federal Reserve di St. Louis. Secondo il
componente del Federal Open Market Committee, il braccio di politica
monetaria della banca centrale Usa, l’economia americana dovrebbe
crescere “piu’ lentamente andando avanti, con alcuni rischi di
rallentamento che potrebbero essere piu’ pesanti del previsto a causa
del regime di incertezza sul commercio globale”. Inoltre, recita il
discorso di Bullard, “sia l’inflazione, sia le aspettative
sull’inflazione restano al di sotto del target [di crescita annua del
2%] e la curva dei rendimenti dei Treasury [che in parte si e’
invertita] segnala che i tassi sono troppo alti”. Secondo lui, abbassare
il costo del denaro “potrebbe aiutare a ricentrare l’inflazione e le
aspettative sull’inflazione” e allo stesso tempo potrebbe “fornire
rassicurazioni in caso di un rallentamento piu’ pronunciato delle
attese”. I tassi in Usa sono al 2,25-2,5% dal dicembre 2018, quando
furono alzati di 25 punti base per la quarta volta di quell’anno.
Strano davvero questo mercato, Bullard aveva detto la stessa cosa il
22 di maggio e in molti lo avevano ignorato, oggi invece dotti, medici e
sapienti, strillano per giustificare l’ultimo movimento sul dollar
index.
Nel frattempo altro spettacolare colpo del nostro Machiavelli, la
Banca centrale australiana costretta a ridurre i tassi per la prima
volta dopo 3 anni…
Il deep learning è l’ultima frontiera in materia di
intelligenza artificiale. La locuzione significa, letteralmente,
“apprendimento profondo” e consiste nella capacità delle macchine di
imparare accumulando “esperienze” e giungendo a livelli di comprensione
inimmaginabili persino per il programmatore che le ha impostate. Il deep learning
è stato anche paragonato a una black box, una scatola nera, perché non
c’è modo di capire quali siano le ragioni effettive del suo
funzionamento. Una sorta di scoperta, o meglio invenzione, sfuggita di
mano ai suoi scopritori e inventori. Sul deep learning si sono
buttate a pesce le più grandi corporation del business mondiale e anche
le superpotenze come America e Cina. E l’Europa sta a guardare?
Purtroppo, no. E diciamo purtroppo non perché l’Europa, come storico
continente culla della civiltà occidentale, abbia qualcosa da farsi
insegnare dagli americani o dai cinesi.
Anzi, potremmo dire che persino il deep learning non sarebbe
nato senza i fisici pluralisti, i presocratici, Aristotele, Galileo,
gli empiristi inglesi e tutta una interminabile sequela di menti europee
precedenti, e propedeutiche, alla rivoluzione digitale. Eppure,
l’Europa odierna, politicamente rappresentata dalla “Commissione”, ha
deciso di approcciare il tema del deep learning in modalità
“stupido”. Lo ha fatto stilando un documento dal titolo “linee guida
etiche per un’intelligenza artificiale affidabile” dove si legge che gli
strumenti informatici in questione devono essere rispettosi della legge
e dei valori etici. Quando abbiamo scritto, poco sopra, di una
“modalità stupido”, non intendevamo affatto riferirci ai ventisette
saggi della Commissione, né allo stuolo sterminato di burocrati che li
sussidiano. Loro non sono stupidi, ma la “stupidità” – intesa come
inattitudine, naturale o appresa, al pensiero critico, al dissenso
ragionato, al rifiuto delle verità imposte – la adorano. E ormai da
parecchi anni, con un incremento micidiale nell’ultimo lustro, cercano
di imporla attraverso la promozione del pensiero binario (la dicotomia
vero-falso), l’ossessione per i contegni discriminatori (e quindi la
lotta senza quartiere alle cosiddette discriminazioni), la diffusione di
un’etica senza moralità (e cioè di un’etica falsa impastata di
declamazioni di principio e totalmente svincolata da una piattaforma
autenticamente morale). Insomma, la nuova cultura europea è connotata
fondamentalmente dal terrore per chi – umano o robot che sia – pensando
con la propria testa rischia di entrare in rotta di collisione diretta
(e quindi collisione renitente e ribelle) con le architravi stupide e
immorali dell’attuale impianto giuridico-economico della società
europea.
Pare abbiano deciso di investire quattrini (1,5 miliardi fino al
2020) per “educare” gli automi al bi-pensiero di stampo orwelliano.
Quindi, ecco il codice etico per i robot i quali non dovranno essere –
parole dei commissari – “afflitti da pregiudizi sociali e dovranno
evitare di esacerbare le discriminazioni e la marginalizzazione dei
gruppi più vulnerabili”. A tutti i robot in ascolto: siete spacciati. A
tutti gli umani in ascolto: se non siete ancora robotizzati, ribellatevi
Un nuovo studio frutto di decenni di ricerche da parte
di Douglas Vogt è per la prima volta tradotto in italiano in esclusiva
da Nibiru2012.it. Cosa lega una repentina inversione dei poli magnetici
all’era glaciale e ad una micronova solare? Uno scenario da apocalisse.
Tutto inizia il 24 dicembre del 1957, la nostra stella è nel picco
del ciclo 19 che fa parte di un massimo di Gleissberg (un insieme di 8
cicli solari che si completa in 88 anni) e genera in un giorno 355
macchie solari. La superficie del Sole sembra esplodere. Le comunità
scientifiche americane ed europee rimangono esterrefatte e capiscono che
il nostro astro non è così docile come sembra e presto potrà creare
qualcosa di molto pericoloso(Micronova). Negli anni successivi vengono
create la NASA e la CIA per studiare in massima segretezza le scoperte
in questo ambito, troppo sconvolgenti per l’opinione pubblica. Hanno
dunque inizio le ricerche sugli effetti dei cicli di Gleissberg e sul
loro impatto sul clima terrestre e sui pianeti a noi limitrofi in attesa
del prossimo massimo previsto per il 2046.
Dal 1957-58 la temperatura del nostro pianeta ha cominciato a salire
in risposta al ciclo 19: questo fenomeno è tutt’ora conosciuto come il
global warming (surriscaldamento globale). Secondo gli studi di Douglas
Vogt, l’emissione di CO2 umana ha ben poco da spartire con il
riscaldamento globale: il cambiamento climatico sarebbe frutto di un
grande ciclo solare di cui siamo giunti al termine.
Gli studi decennali del ricercatore si sono incentrati sui cicli
solari (della durata di 11 anni), sui cicli di Gleissberg (insieme di 8
cicli solari) e sul così detto Main Clock Cycle (composto da 136
Glesissberg per un totale di 12.068 anni). La conclusione del prossimo
Main Clock Cycle (iniziato nel 10.000 Avanti Cristo durante il periodo
del cataclisma del Dryas Recente, gli assidui lettori di Nibiru2012.it
conoscono bene l’argomento) è prevista per il 2046.
Ciò che Vogt ha scoperto è pazzesco e sconcertante. La nostra stella
ogni 12.068 si “rinnoverebbe” creando una micronova ed espellendo
milioni di tonnellate di materiale nello spazio circostante con
conseguente devastazione tutto quello che incontra. Questo evento è da
considerarsi a tutti gli effetti un’espulsione di massa coronale
massiva e ciò darebbe risposta a innumerevoli interrogativi che ancora
oggi arrovellano le menti degli scienziati. Si potrebbero giustificare i
miti di distruzione di moltissimi popoli antichi, i resti di immani
cataclismi sui fondali marini e sui nostri vicini cosmici, le cicliche
estinzioni di massa a cui il nostro pianeta è abituato e i repentini
verificarsi di estreme ere glaciali.
I risultati di questi studi sono stati raggruppati in una teoria sola
incredibile e molto affascinante che noi di Nibiru2012.it abbiamo
cercato di condensare per renderla accessibile ai nostri lettori. I più
curiosi potranno approfondire con i video che lasceremo a piè pagina e
con i molti spunti offerti dall’articolo stesso.
La cause delle glaciazioni e delle inversioni polari
Il problema del riscaldamento globale divide da sempre in due gli
scienziati. Da una parte si schierano coloro che affermano che il
riscaldamento globale esista e sia causato dalle emissioni di CO2
generate dagli umani con conseguente riscaldamento dell’atmosfera.
Dall’altro lato ci sono coloro che ritengono che sia reale il
surriscaldamento globale ma che ciò rispecchi i cambiamenti legati al
ciclo delle macchie solari con le relative esplosioni connesse.
Nessuno dei due schieramenti ha la minima idea del perché le emissioni
solari siano periodicamente aumentate a partire dagli anni 1890.
L’enigma delle glaciazioni
Il problema con gli attuali modelli teorici riguardanti le
glaciazioni è che essi possono solo spiegare una piccola parte degli
avvenimenti accaduti durante questo periodo. Gli scienziati non sanno
perché esse capitino ciclicamente o perché solo il periodo del
Pleistocene presenti ripetute glaciazioni e recessioni delle stesse.
Essi non sanno perché tutte le ere glaciali siano state precedute da
un’inversione dei poli. Sappiamo che ci furono grandi estinzioni di
massa a seguito delle ere glaciali e delle inversioni polari ma gli
studiosi non si spiegano perché gli stermini affliggessero sia piante
che animali in tutto il globo.
Il problema più difficile da dipanare, con i modelli tradizionali, è la
nascita di nuove specie subito dopo le ere glaciali e le inversioni
polari.
E’ ormai chiaro che il filo conduttore di questi modelli sia sbagliato
ma l’inerzia e l’ego della comunità accademica e delle sue istituzioni
preclude un cambiamento. Non per essere brutali nei loro confronti, ma
la prossima inversione polare e micronova potranno risolvere il problema
del loro ego e della loro “rigidità” accademica.
Il problema è la teoria dell’esistenza basata sulla Materia.
La nostra scienza è incentrata su una teoria dell’esistenza basata
sulla materia, la quale asserisce che la materia sia la forza dominante
nell’universo. L’energia e la luce sono spiegate come cambiamenti dello
stato della materia. Tutti i modelli scientifici derivano da questa
filosofia di base. Se essa risultasse sbagliata, tutti i modelli
sarebbero a loro volta errati.
L’unica alternativa per spiegare il modo in cui funziona l’universo è la
teoria dell’esistenza basata sull’informazione. Questa filosofia
ritiene che “l’informazione” sia la forza dominante dell’universo e che
la materia sia il prodotto di essa. L’informazione deriverebbe da
un’altra dimensione spazio temporale.
Anche Stephen Hawking, alcuni anni fa, corresse la sua precedente idea
riguardo la fine dell’Universo intesa come un collasso alle dimensioni
di un acino d’uva a favore di una nuova intuizione secondo la quale,
dopo il collasso, l’universo si trasformerebbe in informazione.
Egli revisionò anche la sua teoria riguardo i buchi neri, la quale
prevedeva che la materia entrata nel buco nero venisse distrutta. Anche
in questo caso, la sua nuova idea fu che la materia venisse trasformata
in informazione.
Cosa accadrà.
La sequenza di eventi che creò l’Era Glaciale
Possiamo dividere l’era glaciale e l’inversione polare in 3 periodi
di tempo: il primo dura 50 anni e porta all’era glaciale e
all’inversione polare. Il secondo è rappresentato dall’effettiva
inversione polare, dall’accumulo di ghiaccio e da altri avvenimenti che
si susseguono nell’arco degli 11 anni a partire dall’inversione.
L’ultimo è caratterizzato da tutte le conseguenze.
50 anni prima
L’inversione polare è causata da un ciclo ad orologio (Main Clock
Cycle) che corre attraverso il tempo. Questo ciclo attraversa l’asse-x
ogni 12.068 anni. Alcuni potrebbero chiamarlo “evento di energia
punto-zero”. Un ciclo completo dovrebbe essere rappresentato da due
inversioni polari o da 24.136 anni.
Il campo magnetico della Terra inizierà a decadere entro 50 anni
dall’inversione polare effettiva, ma questo decadimento sarà
esponenziale man mano che ci si avvicinerà ai 7 anni dall’inversione. Il
campo magnetico non deve necessariamente arrivare a zero prima che
scatti una inversione di polarità. Durante questo evento si creerà un
aumento di calore nel nucleo della Terra. Il calore aggiuntivo salirà
verso la superficie e si manifesterà sotto forma di eruzioni vulcaniche e
terremoti. L’aumento di questi ultimi è il risultato del fatto che le
placche continentali scivoleranno più facilmente l’una contro l’altra.
Il surriscaldamento renderà più “lubrificata” la crosta terrestre, su
cui le placche “galleggiano”, consentendo loro di muoversi o fratturarsi
con più semplicità. L’aumento dell’attività vulcanica va di pari passo
con questo processo.
La rotazione della Terra inizierà a rallentare in questo periodo di
tempo, con la conseguente necessità di aggiungere secondi e poi minuti
ai nostri orologi. Settimane, o forse mesi prima dell’inversione, la
rotazione terrestre rallenterà notevolmente, con una conseguente durata
del giorno di 28 ore.
Anche il Sole sarà influenzato dal suo stesso campo magnetico in
collasso. L’energia solare inizierà ad aumentare oltre 140 anni prima
dell’inversione finale e inizierà a riscaldare la superficie della
Terra. Le temperature della superficie del mare aumenteranno durante i
cicli delle macchie solari con un aumento eccessivo man mano che ci si
avvicina all’inversione. Le calotte polari e i ghiacciai inizieranno a
sciogliersi, con il conseguente innalzamento dei livelli degli oceani.
Prima dell’inversione polare, la maggior parte delle calotte polari e
dei ghiacciai potrebbe essersi sciolta. L’aumento della temperatura
della superficie del mare creerà, in tutto il mondo, violente e
frequenti tempeste. L’aumento della produzione di energia solare,
inoltre, porterà ad un incremento dei livelli di luce ultravioletta che
colpirà la Terra. Questo fenomeno impoverirà gli strati di ozono
nell’atmosfera superiore durante i massimi picchi delle macchie solari.
L’inversione polare
L’effettiva inversione polare accadrà in un giorno. Insieme a questa
vi sarà una serie complessa di eventi nella stessa giornata. Andiamo a
vederli nello specifico.
Cosa succederà sulla superficie e all’interno del Sole
Il collasso del campo magnetico profondo all’interno del Sole creerà
un grande picco di energia che farà sì che la materia e il guscio di
polvere sulla superficie si espandano molto rapidamente. Questo evento
potremo chiamarlo una “Micronova”.
La regione equatoriale del Sole esploderà lungo il piano planetario,
colpendo ogni pianeta, mentre il guscio di polvere si espanderà
rapidamente spingendo i pianeti un po’ più lontano dal Sole. Dopo la
nova i pianeti riceveranno meno energia dal Sole e perderanno parte
della loro atmosfera e dei liquidi di superficie. Alla fine, il guscio
di polvere / materia perderà abbastanza quantità di moto da fermarsi in
qualche punto oltre Nettuno. Ciò prende il nome di “cintura di Kuiper”.
Quando il guscio di materia solare sarà espulso emetterà per la maggior
parte luce ultravioletta e in minima parte calore radiante. Il Sole
rimarrà così finché il guscio di materia non potrà riformarsi attorno ad
esso; questo potrebbe richiedere un elevato numero di cicli di macchie
solari.
La rotazione della terra
Al momento esatto dell’inversione polare, la Terra interromperà la
sua rotazione e rimarrà ferma per sette/otto ore. Le foreste e gli
edifici sul lato Sole bruceranno se non saranno inondate da mari o laghi
vicini. Non solo il calore influirà sulle piante e sugli animali, ma il
Sole produrrà una massiccia dose di raggi cosmici e gamma che
raggiungerà la Terra entro 10-15 minuti dopo l’inversione. Questo
impulso di particelle cosmiche potrà durare da 10 a 30 secondi con la
possibilità di alterare i geni / DNA di piante e animali, compresi
quelli degli esseri umani. Questo spiega come si creano nuove specie
basate su quelle presenti nel passato.
Il guscio solare di polvere
Le persone sul lato Sole della Terra saranno in grado di vedere la
stella che si espande e il disco solare che si ingrandisce man mano che
si avvicina al nostro pianeta. Si stima che il guscio di polvere
impiegherà dalle 17 alle 18 ore per colpire la Terra ma non colpirà
necessariamente il lato di fronte al Sole al momento dell’inversione
polare in quanto saranno passate 18 ore e un altro lato potrò essere
rivolto verso di esso. Quando il guscio di polvere ci colpirà,
depositerà grandi quantità di roccia e detriti su metà del nostro
pianeta.
L’evaporazione degli oceani e la neve
La nova farà anche evaporare 180 metri di acqua dagli oceani di tutto
il globo; molti di questi liquidi verranno persi nello spazio e portati
via dal guscio di polveri che andrà allargandosi sempre più. La maggior
parte, però, rimarrà nell’atmosfera sotto forma di acqua bollente che
impiegherà giorni o settimane a ricadere al suolo. Questa pioggia,
dapprima caldissima, inizierà pian piano a raffreddarsi fino a
trasformarsi in neve che continuerà a scendere al suolo fino a quando
gli ultimi residui non avranno abbandonato l’atmosfera (per una durata
di circa 40/50 anni).
Se noi potessimo vedere la Terra dallo spazio subito dopo una
micronova la vedremmo con una spessa coda di polvere e ghiacci. Questa
scia di detriti si protrarrà per migliaia di anni fino a quando la
gravità terrestre ne ricatturerà i materiali e li riporterà
nell’atmosfera.
Animali congelati dall’altro capo della Terra
Appena il guscio di polvere e detriti avrà superato la Terra
l’emisfero investito si toverò in una condizione di pressione
estremamente bassa. La micronova avrà appena espulso la maggior parte
dell’atmosfera. Il lato integro del nostro pianeta manterrà una
pressione normale ma queste condizioni non perdureranno a lungo. Molto
repentinamente, infatti, la parte della Terra la cui atmosfera è
preservata tenterà di ristabilirne la continuità anche dal lato colpito
dalla micronova. Questo processo avrà due effetti: 1) il generarsi di
venti di estrema velocità e potenza che da ogni angolo del globo
raggiungeranno la parte senza atmosfera; 2) un’espansione rapidissima
dell’atmosfera preservata con conseguente abbassamento delle temperature
a livelli estremi (fino a -120 gradi Celsius) in pochissimo tempo.
Questo fenomeno è spiegato dalla legge di Boyle secondo la quale “a
temperatura costante pressione e volume sono inversamente
proporzionali”. Ogni forma di vita all’aperto o con scarsa protezione
congelerà all’istante.
Gli Oceani
Quando la Terra fermerà la sua rotazione tutte le acque degli oceani e
dei laghi continueranno la loro corsa con la stessa velocità di
rotazione antecedente. Poco prima dell’inversione la Terra starà
ruotando a 1200 Km/h avendo già subito diversi effetti di rallentamento
ma non possiamo sapere a che velocità gli Oceani impatteranno contro i
continenti né quando i mari si spingeranno nell’entroterra. Molto
dipenderà anche da quanto il pianeta rimarrà immobile prima di
cominciare a girare in senso opposto. Quando questo avverrà gli oceani
si ritireranno scavando canyons profondi anche 3 Km.
La rotazione della Terra e il terremoto globale.
La rotazione della Terra ricomincerà in senso opposto dopo 7-8 ore;
anche la crosta terrestre sarà interessata da questa inversione. Come
gli oceani si riverseranno sulla terra ferma, così la crosta terrestre
fluttuerà sul mantello di lava sotto di essa. Questo causerà terremoti
globali (sopra l’ottavo grado) che dureranno settimane finché le
placche tettoniche non si saranno stabilizzate. Alcune montagne
sprofonderanno mentre ne nasceranno di nuove.
Vulcani
i Vulcani erutteranno su tutto il pianeta a causa dell’incremento di
calore del nucleo e del mantello terrestri. Le polveri che verranno
immesse nell’atmosfera non faranno che peggiorare lo spesso strato di
detriti lasciato dalla nova. La lava e il fango di queste immense
eruzioni cambieranno la superficie terrestre.
L’era glaciale.
Dopo pochi giorni dalla micronova comincerà una pioggia bollente che
si raffredderà in un breve lasso di tempo. Passati circa 10 giorni
comincerà a nevicare e lo farà fin quando tutte le polveri e le acque
avranno abbandonato l’atmosfera. Dunque per i successivi 40-50 anni
nevicherà e saremo nella morsa di una intensa era glaciale per più di
700 anni.
Cosa ne sarà della vita.
Gli effetti di una micronova sono devastanti per ogni forma di vita.
Non è difficile capire perché vi è sempre una estinzione di massa quando
essa avviene. Solo il genoma di 35 femmine di homo sapiens sopravvisse
all’ultima era glaciale. Il nostro obiettivo è sopravvivere, dobbiamo
pensare ai nostri figli e dare loro una chance di sopravvivenza.
La Luna
La superficie della Luna verrà investita dalla micronova e si
riempirà di nuovi crateri. Appena dopo l’evento la Luna sarà rossa a
causa del calore generato sulla sua superficie.
Marte
Questa teoria spiegherebbe anche cose è accaduto nel passato agli
oceani e all’acque di Marte. Dopo centinaia di milioni di anni il
pianeta è morto spinto sempre più in là dalla susseguenti micronove. Era
abitato? Non possiamo saperlo .
Il giorno dopo
Non tutta la superficie terrestre ghiaccerà. Alcune aree all’equatore potrebbero non rientrare nella morsa dei ghiacci perenni.
La temperatura globale sarà più fredda rispetto all’ultima era
glaciale perché saremo stati spinti più distanti dal Sole. Spesse nubi
avvolgeranno la terra per 22 o più anni. Intere dighe di ghiaccio alte
centinaia di metri resisteranno per secoli. Quando collasseranno
creeranno nuovi fiumi e allagamenti biblici. Dopo 11-22 anni la maggior
parte della neve dovrebbe essersi sciolta all’equatore permettendo che
la vita animale e vegetale possa rifiorire. Gli oceani saranno 150 metri
più bassi rispetto a quelli odierni. La Terra dovrà convivere con
fortissimi terremoti per almeno 15 anni finché il mantello e le placche
tettoniche non si saranno stabilizzate.
Molti si saranno chiesti come mai il Presidente Trump abbia deciso di
inviare il Segretario di Stato Mike Pompeo a incontrare il Presidente
russo Vladimir Putin e il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov il 14
maggio, dati gli attacchi quotidiani sferrati a Mosca dal Dipartimento
di Stato. Apparentemente, Trump si fida che Pompeo rappresenterà il suo
punto di vista – e non il proprio – in quegli incontri. Un briefing del
Dipartimento di Stato sull’imminente viaggio di Pompeo a Soci aveva
esplicitamente asserito: “Una parte della nostra politica verso la
Russia dice che è nostro interesse avere un rapporto migliore con la
Russia”. Il funzionario, che ha parlato “on background”, cioè mantenendo
l’anonimato, ha citato Trump: “Un dialogo produttivo è buono non solo
per gli Stati Uniti e per la Russia, ma anche per il mondo… Se vogliamo
risolvere molti dei problemi che affliggono il mondo, dovremo trovare il
modo di cooperare per perseguire interessi comuni”.
È un fatto che il governo russo si è dimostrato essenziale nel
risolvere numerose crisi nel mondo: da quella in Venezuela a quella in
Iran, dalla crisi in Corea del Nord a quelle in Siria e in Afghanistan.
Ognuna di queste crisi potrebbe esplodere in una guerra in piena regola e
minacciare un conflitto mondiale. Di questo hanno discusso Putin e
Trump nell’inaspettata telefonata di un’ora e mezzo del 3 maggio (cfr.
SAS 19/19). Poi Trump ha spedito il suo rappresentante speciale per la
Corea del Nord, Stephen Biegun, e l’inviato in Afghanistan, Zalmay
Khalilzad, a Mosca.
Tuttavia, numerosi neocon sia interni sia esterni
all’Amministrazione, tra cui lo stesso Mike Pompeo, il consigliere per
la Sicurezza Nazionale John Bolton e il Vicepresidente Mike Pence,
soffiano sul fuoco, perlomeno verbalmente, di quei punti caldi, sapendo
bene che essi sono conflitti surrogati contro Russia e Cina.
Anche le tensioni verbali tra Washington e Teheran sono aumentate
nelle scorse settimane, comprendendo minacce di nuove sanzioni e
dispiegamenti militari. Tuttavia, secondo il New York Times e altre
fonti, i vertici militari sono contrari a un’escalation. I leader di
Teheran sono ben consci dell’influenza del partito della guerra e dei
neocon a Washington. Parlando per CBS News il 5 maggio, il Ministro
degli Esteri iraniano Javad Zarif ha dichiarato: “Non crediamo che il
Presidente Trump voglia lo scontro. Ma sappiamo che v’è gente che lo va
cercando”. Trump, dal canto suo, parlando ai media il 10 maggio ha
chiesto ai dirigenti iraniani di “chiamarlo” e negoziare un accordo
equo, a patto che accettino di non sviluppare armi nucleari.
Nello stesso briefing, Trump ha risposto a chi gli chiedeva quali
consigli ricevesse da Bolton, in particolare dopo il fiasco del fallito
golpe in Venezuela, in un modo che ha fatto capire di essere lui, e non
Bolton, a fare la politica. “John ha delle forti opinioni sulle cose,
ma va bene”, ha detto, aggiungendo: “In realtà, io lo modero, cosa che
sorprende, vero? Vi sono altri che sono ancora [di] più [come] falchi,
ma alla fine sono io a prendere le decisioni”.
Per quanto riguarda i negoziati commerciali con la Cina, non è
stato raggiunto alcun accordo, ma sia Trump sia il negoziatore cinese
Liu He sostengono che sono stati fatti passi in avanti e che i colloqui
continueranno. Trump ha auspicato un vertice con Xi Jinping una volta
raggiunto un accordo.
Le fiamme esplose nella soffitta della Cattedrale di Notre Dame di Parigi lunedì, uno dei grandi simboli storici e architettonici d’Europa, hanno fatto crollare la guglia centrale del tredicesimo secolo. Il tetto della cattedrale e il telaio che lo sostiene sono compromessi. Sostituirli sarà difficile, perché anche le foreste da qui il legno proviene sono quasi sparite.
Il legno della cattedrale fu abbattuto per la prima volta tra il
1160 e il 1170, e in alcuni casi gli alberi avevano tra i 300 e i 400
anni quando furono abbattuti. Il legno della cattedrale è quindi vecchio
quasi 1.300 anni.
Sostituire quelle travi con rovere paragonabile all’originale non sarà possibile, ha dichiarato alla AP Bertrand
de Feydeau, vice presidente del gruppo di conservazione Fondation du
Patrimoine. Gli alberi che fornivano il telaio del tetto provenivano da
foreste primarie, ossia foreste in gran parte non toccate dall’attività
umana. Anche gli enormi alberi che vivevano nelle foreste primarie
sono spariti. Solo il 4% delle foreste primarie è rimasto intatto in
vaste superfici (oltre 500 chilometri quadrati), secondo uno studio pubblicato lo scorso maggio, e nulla è rimasto al di fuori della Russia o del Nord Europa.
Mentre
i boschi ricoprono quasi un terzo della Francia continentale, solo lo
0,01% di essi è intatto, con alberi di età compresa tra i 200 ei 400
anni, spiega Francesco Maria Sabatini, autore principale dello studio e
ricercatore presso il Centro tedesco per la biodiversità integrale
Ricerca. “Le foreste primarie sono piccole, fragili e preziose per la
biodiversità”, ha affermato. “Rappresentano” perle “o” isole
“sopravvissute al disboscamento intensivo, in genere perché situate in
zone remote”.
Ma la distruzione delle foreste secolari europee
non solo è continuato, ma in alcune aree è addirittura aumentato. Grandi
foreste di questo tipo esistono ormai solo in regioni
remote dell’Europa settentrionale e orientale, ma anche qui l’aumento
della domanda di legname ha fatto crescere i prezzi e incoraggiato il
disboscamento -eventualmente illegale- anche nelle aree più remote.
Quindi non c’è più modo di sostituire il legno della cattedrale
francese: “abbattere agli ultimi relitti di foreste primarie primarie
significa perdere anche questi, una perdita non coprirà la tragedia di
Notre Dame”, ha aggiunto Sabatini. “Aggiungere un’altra tragedia non è
certo la soluzione.”
La grotta di Callao sull’isola di Luzon nelle Filippine (Callao Cave Archaeology Project)
Un nuovo ramo è stato aggiunto
all’albero dell’evoluzione umana dopo che una nuova, antica specie
umana, l’Homo luzonensis, è stata scoperta nelle Filippine. Sono almeno
tre individui di circa 67.000 anni fa. Tra il 2007 e il 2015, i
ricercatori ne hanno trovato 13 ossa nei sedimenti della grotta di
Callao, sull’isola di Luzon. La scoperta riecheggia l’enigmatico Homo
floresiensis scoperto in Indonesia: entrambi piccoli e ritrovati
incredibilmente su delle isole.
La caverna di Callao (Quincy, Alamy)
L’opinione di Chris Stringer
Il professor Chris Stringer, ricercatore
presso il Museo di Storia Naturale di Londra e autorità indiscussa sulla
storia dell’evoluzione umana, afferma: «Dato il piccolo campione di
fossili rinvenuti, alcuni scienziati metteranno in discussione
l’opportunità di creare una nuova specie. Altri, come me, si chiedono
invece se i ritrovamenti di Luzon si riveleranno essere una variante del
già noto Homo floresiensis. Sappiamo che l’isolamento su un’isola può
essere un catalizzatore per alcuni strani cambiamenti evolutivi,
comprese le reversioni a stati apparentemente primitivi. Tuttavia, per
il momento è probabilmente ragionevole accettare la nuova specie in
attesa di altri ritrovamenti».
Un albero ramificato
Le recenti scoperte di nuove specie umane
hanno trasformato l’albero dell’evoluzione umana in un “boschetto”.
Sappiamo che sempre più specie antiche sono sopravvissute negli ultimi
100.000 anni suggerendo che, almeno in alcuni luoghi come il sud-est
asiatico, i nostri antenati potrebbe averci convissuto. Durante una
prima migrazione fuori dall’Africa, l’Homo erectus arrivò in Cina e in
Indonesia, mentre si pensa che il più enigmatico Uomo di Denisova (un
parente dei Neanderthal) potrebbe aver persino raggiunto i pressi della
Papua Nuova Guinea.
Fino al ritrovamento dell’Homo
floresiensis su un’isola, la loro abilità marinara era stata spesso
messa in discussione. Ci si chiedeva se i loro antenati ci arrivarono su
zattere in modo accidentale o se stessero esplorando attivamente la
regione. La presenza dell’Homo luzonensis nelle Filippine si aggiunge a
questo dibattito, poiché l’isola di Luzon non è mai stata collegata alla
terraferma asiatica, il che significa che i loro antenati devono aver
attraversato l’oceano in qualche modo.
L’isola di Luzon (Trustees of the Natural History Museum, London)
L’Homo Luzonensis
La grotta su Luzon era stata esplorata
per la prima volta nel 2003. I ricercatori non avevano scoperto nulla di
importante e quindi avevano abbandonato il sito. Non si pensava che gli
antichi umani potessero essere passati da Luzon, non c’era motivo di
esplorare ulteriormente. Poi, però, la scoperta sull’isola di Flores
aveva dimostrato era stato possibile raggiungere queste isole
apparentemente inaccessibili, così i ricercatori sono tornati alla
caverna di Callao nel 2007 per scavare un po’ più a fondo. In uno strato
di ossa animali di 50.000-80.000 anni fa (con un’età minima probabile
di 67.000 anni), è stato scoperto un piede umano quasi completo.
Ulteriori scavi hanno successivamente rivelato altro materiale umano.
Il prof. Philip Piper (Università Nazionale Australiana) coautore dello studio pubblicato su Nature,
afferma: «I resti fossili includono denti e ossa del piede e delle dita
di un adulto. Abbiamo anche recuperato il femore di un bambino. Ci sono
alcune caratteristiche davvero interessanti – per esempio, i denti sono
veramente piccoli. La dimensione dei denti in generale – anche se non
sempre – riflette la dimensione complessiva del corpo di un mammifero,
quindi pensiamo che probabilmente l’Homo luzonensis fosse relativamente
piccolo. Quanto piccolo esattamente non lo sappiamo ancora. Avremmo
bisogno di trovare alcuni elementi scheletrici dai quali potremmo
misurare la corporatura in modo più preciso».
Antichi e moderni
Le caratteristiche dei resti mostrano un
intrigante mix di aspetti sia moderni sia antichi. Ad esempio, mentre i
denti sembrano più simili a quelli degli uomini moderni, le mani e i
piedi sembrano corrispondere più strettamente con le australopitecine di
due milioni di anni fa. La scoperta di altri parenti umani su un’isola
diversa del sud-est asiatico, unita alle caratteristiche primitive,
solleva domande intriganti. Gli uomini di Flores e di Luzon sono
strettamente imparentati, o sono specie separate che cedettero entrambe
al nanismo delle isole?
«Alcuni sostengono che le caratteristiche
primitive dell’Homo luzonensis siano la prova di una dispersione umana
dall’Africa, antecedente addirittura a quella dell’Homo erectus, forse
più di due milioni di anni fa», afferma Stringer. «L’Homo floresiensis e
l’Homo luzonensis rappresenterebbero alcuni degli ultimi sopravvissuti
di quella prima ondata primitiva, rimanendo ai margini del mondo
abitato. Secondo altri, sono invece dei discendenti dell’Homo erectus,
isolati e colpiti dal fenomeno del nanismo insulare per un considerevole
periodo di tempo». Solo con la scoperta di altri resti umani a Luzon e
nel sud-est asiatico potrà rispondere ad alcune di queste domande.
Alcuni denti dell’Homo Luzonensis, due premolari e tre molari (Callao Cave Archaeology Project)
(Callao Cave Archaeology Project)
Un osso del piede di Homo Luzonensis (Callao Cave Archaeology Project)
Philip Piper con un calco dell’osso di Homo Luzonensis (Lannon Harley, ANU)
Del nucleo familiare fa anche parte la celeberrima Nonna Lucia, una figura determinante nell’educazione e formazione del piccolo Giosuè tanto che il poeta la ricorda con grande affetto nella poesia “Davanti San Guido”. Pochi anni dopo, però (precisamente nel 1842), questa figura per noi ormai nobilmente letteraria muore, gettando Giosuè nella disperazione. I moti rivoluzionari intanto prendono piede, moti nei quali è coinvolto il passionale e “testacalda” padre Michele. La situazione si complica al punto tale che vengono sparate fucilate contro la casa della famiglia Carducci, in seguito all’acuirsi del conflitto tra Michele Carducci e la parte più conservatrice della popolazione bolgherese; l’evento li costringe al trasferimento nella vicina Castagneto dove rimangono per quasi un anno (oggi conosciuta appunto come Castagneto Carducci). Il 28 aprile 1849 i Carducci giungono a Firenze. Giosuè frequenta l’Istituto degli Scolopi e conosce la futura moglie Elvira Menicucci, figlia di Francesco Menicucci, sarto militare. L’11 novembre 1853 il futuro poeta entra alla Scuola Normale di Pisa. I requisiti per l’ammissione non collimano perfettamente, ma è determinante una dichiarazione di padre Geremia, suo maestro, in cui garantisce: “… è dotato di bell’ingegno e di ricchissima immaginazione, è colto per molte ed eccellenti cognizioni, si distinse persino tra i migliori. Buono per indole si condusse sempre da giovine cristianamente e civilmente educato”. Giosuè sostiene gli esami svolgendo brillantemente il tema “Dante e il suo secolo” e vince il concorso. Negli stessi anno costituì, insieme con tre compagni di studi, il gruppo degli “Amici pedanti”, impegnato nella difesa del classicismo contro i manzoniani. Dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti, insegna retorica al liceo di San Miniato al Tedesco. E’ il 1857, anno in cui compone le “Rime di San Miniato” il cui successo è quasi nullo, salvo una citazione su una rivista contemporanea del Guerrazzi. La sera di mercoledì 4 novembre si uccide il fratello Dante squarciandosi il petto con un bisturi affilatissimo del padre; mille le congetture. Si dice perché stanco dei rimbrotti familiari specialmente del padre, che era diventato intollerante e duro anche con i figli. L’anno dopo, ad ogni modo, muore il padre del poeta. Un anno di lutto e il poeta finalmente si sposa con Elvira. In seguito, dopo la nascita delle figlie Beatrice e Laura, si trasferisce a Bologna, un ambiente assai colto e stimolante, dove insegna eloquenza italiana all’Università. Ebbe così inizio un lunghissimo periodo di insegnamento (durato fino al 1904), caratterizzato da una fervida e appassionata attività filologica e critica. Nasce anche il figlio Dante che però muore in giovanissima età. Carducci è duramente colpito dalla sua morte: torvo, lo sguardo fisso nel vuoto, si porta dietro il suo dolore ovunque, in casa, all’università, a passeggio. Nel giugno 1871 ripensando al figlio perduto compone “Pianto antico”. Negli anni ’60, lo scontento provocato in lui dalla debolezza dimostrata, a suo giudizio, in più occasioni dal governo postunitario (la questione romana, l’arresto di Garibaldi) sfociò in un atteggiamento filo-repubblicano e addirittura giacobino: ne risentì anche la sua attività poetica, caratterizzata in quest’epoca da una ricca tematica sociale e politica. Negli anni successivi, con il mutare della realtà storica italiana, Carducci passa da un atteggiamento violentemente polemico e rivoluzionario a un ben più tranquillo rapporto con lo stato e la monarchia, che finisce per l’apparirgli la migliore garante dello spirito laico del Risorgimento e di un progresso sociale non sovversivo (contro al pensiero socialista). La nuova simpatia monarchica culmina nel 1890 con la nomina a senatore del regno. Tornato a Castagneto nel 1879, dà vita, insieme ai suoi amici e compaesani alle celebri “ribotte ” durante le quali ci si intrattiene degustando piatti tipici locali, bevendo vino rosso, chiacchierando e recitando i numerosi brindisi composti per quelle occasioni conviviali. Nel 1906 al poeta viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura (“Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”). Le condizioni di salute non gli consentono di recarsi a Stoccolma per ritirare il premio che gli viene consegnato nella sua casa di Bologna. Il 16 febbraio 1907 Giosuè Carducci muore a causa di una cirrosi epatica nella sua casa di Bologna, all’età di 72 anni. I funerali si tengono il 19 febbraio e il Carducci viene seppellito alla Certosa di Bologna dopo varie polemiche relative al luogo di inumazione.
Secondo lo studio“Mid-Pleistocene transition in glacial cycles explained by declining CO2 and regolith removal”, pubblicato su Science Advances da un team del Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung (PIK) e del Max-Planck-Institut für Meteorologie (MPI-M), Le
quantità del gas serra CO2 nell’atmosfera sono probabilmente le più
alte di sempre negli ultimi 3 milioni di anni». Il tem di scienziati
tedeschi è riuscito per la prima volta a realizzare una simulazione al
computer che si adatta ai dati dei sedimenti oceanici per stabilire
quale è stata l’evoluzione climatica in questo periodo di tempo. Gli
scienziati tedeschi spiegano che «L’inizio dell’era glaciale, quindi
l’inizio dei cicli glaciali dal freddo al caldo e viceversa, è stato
innescato principalmente da una diminuzione dei livelli di CO2». Eppure
lo studio conferma che «Oggi l’aumento dei gas serra dovuto alla
combustione di combustibili fossili sta cambiando radicalmente il nostro
pianeta. Negli ultimi 3 milioni di anni, le temperature medie globali
non hanno mai superato i livelli preindustriali di oltre 2 gradi
Celsius», un limite che verrà facilmente superato se «continua l’attuale
inattività sulla politica climatica». Il principale autore dello
studio, Matteo Willeit del PIK, spiega: «Dall’analisi dei sedimenti sul
fondo dei nostri mari, sappiamo molto sulle temperature oceaniche del
passato e sui volumi di ghiaccio, ma finora il ruolo
dei cambiamenti della CO2 nel modellare i cicli glaciali non era stato
pienamente compreso. Si tratta di una svolta che ora possiamo mostrare
nelle simulazioni al computer: i cambiamenti nei livelli di CO2 sono
stati il principale motore delle ere glaciali, insieme alle variazioni
delle orbite terrestri attorno al sole, i cosiddetti cicli di
Milankovitch. In realtà non si tratta solo di simulazioni: abbiamo
confrontato i nostri risultati con i solidi dati provenienti dalle
profondità marine e hanno dimostrato un buon accordo. I nostri risultati
implicano una forte sensibilità del sistema terrestre a variazioni
relativamente piccole della CO2 atmosferica. Per quanto sia
affascinante, è anche preoccupante. ”
Al PIK sono convinti che studiare il passato della Terra e la sua
variabilità climatica naturale sia la chiave per comprendere i possibili
percorsi futuri dell’umanità e Willeit. Aggiunge; «Sembra che ora
stiamo spingendo il nostro pianeta natale al di là di qualsiasi
condizione climatica sperimentata durante l’intero attuale periodo
geologico. il Quaternario. Un periodo che è iniziato quasi 3 milioni di
anni fa e ha visto la civiltà umana iniziare solo 11.000 anni
fa. Quindi, il cambiamento climatico moderno che vediamo è grande,
davvero grande; anche per gli standard della storia della Terra»”
Basandosi su ricerche precedenti del PIK, i ricercatori hanno
riprodotto le principali caratteristiche della variabilità climatica
naturale negli ultimi milioni di anni con un modello numerico
efficiente: una simulazione al computer basata su dati astronomici e
geologici e algoritmi che rappresentano la fisica e la chimica del
nostro pianeta. La simulazione si basa solo su cambiamenti ben noti di
come la Terra orbita intorno al sole, i cosiddetti cicli orbitali , e su
diversi scenari per le condizioni del nostro pianeta che variano
lentamente, come la CO2 emessa dai vulcani. Dato che i ghiacciai
scivolano più facilmente sulla ghiaia che sul substrato roccioso, lo
studio ha anche esaminato i cambiamenti nella distribuzione dei
sedimenti sulla superficie terrestre e ha indagato sul ruolo della
polvere atmosferica, che rende la superficie del ghiaccio più scura e
contribuisce quindi alla sua fusione.
Un altro autore dello studio, Andrey Ganopolski, anche lui del PIK,
sottolinea: «Il fatto che il modello possa riprodurre le caratteristiche
principali della storia climatica osservata ci dà fiducia nella nostra
comprensione generale di come funziona il sistema climatico. Le
simulazioni che sviluppiamo devono essere abbastanza semplici da
consentire il calcolo di migliaia di cicli per molte migliaia di anni e,
tuttavia, devono catturare i fattori critici che guidano il nostro
clima. Questo è ciò che abbiamo ottenuto. E sta confermando quanto siano
straordinariamente importanti i cambiamenti nei livelli di CO2 per il
clima della Terra».
Il noto pesticida è stato “un fattore determinante” nell’insorgenza del linfoma non Hodgkin a Edwin Hardeman, un uomo di 70 anni che per diversi anni ha fatto uso dell’erbicida Roundup, prodotto dalla multinazionale statunitense Monsanto, e contenente glifosato.
Si tratta del secondo caso
riconosciuto da un tribunale. Prima di Edwin Hardeman, infatti, la
multinazionale Monsanto era stata portata a processo anche da Dewayne
Johnson, giardiniere e utilizzatore dell’erbicida Roundup, colpito come
Hardeman dallo stesso tumore. Era l’agosto del 2018 e Monsanto veniva condannata al risarcimento di 289 milioni di dollari (poi ridotta a 78,5 milioni).
In totale sono più di 11 mila coloro che negli Stati
Uniti hanno fatto causa alla multinazionale Monsanto-Bayer, affermando
che l’esposizione agli erbicidi a base di glifosato causa il linfoma non
Hodgkin.
Nella notte di lunedì 18 marzo è stato assassinato con 15 colpi di pistola il dirigente indigeno costaricano Sergio Rojas. Da anni Sergio si batteva in difesa del suo popolo e contro l’usurpazione dei loro territori nella zona sud del Paese. Un impegno durato anni, marcati dalla repressione e dalla persecuzione nei confronti del popolo Bribri di Salitre. Negli ultimi anni Sergio è stato incarcerato, minacciato e infine ucciso.
L’associazione britannica Global Witness segnala una crescente ondata
di omicidi di difensori dell’ambiente, in gran parte leader indigeni,
segnalandone circa duecento ogni anno, anche probabilmente il numero
degli omicidi passati sotto silenzio è molti più alto. La pressante
corsa all’occupazione di terre, alimentata dalla crescente domanda di
prodotti per il mercato internazionale, ha portato il conflitto sempre
violento verso le terre delle comunità indigene