Fonte: http://www.studiarapido.it/giovanni-battista-belzoni-il-gigante-delle-piramidi/#.Wcou49Fx3IV
Giovanni Battista Belzoni nasce a Padova il 5 novembre del 1778. A 16 anni per non finire a fare il barbiere nella bottega del padre, si trasferisce a Roma; da lì, dopo due anni, va a Parigi, poi Olanda e infine Londra, dove conosce e sposa Sarah Bennet, una ragazza di venti anni che condivide con lui il sogno e il gusto per l’avventura.
Giovanni Battista Belzoni non ha ancora chiaro quale sarà il suo futuro, ma intanto cambia il nome da Belzon in Belzoni, dal suono più italiano, perché ha deciso di darsi allo spettacolo, settore in cui gli italiani sono apprezzati; del resto le caratteristiche per diventare un protagonista, le ha tutte: fisico imponente, forme da statua classica, capelli e barba biondo-rossicci, occhi azzurri, carattere deciso, portamento aristocratico e fascino da vendere.
Per diversi anni si esibisce sulle pubbliche piazze interpretando il ruolo del “gigante”, del “capo cannibale”, del “selvaggio della foresta” e, soprattutto, dando spettacolo della sua forza con la “piramide umana”, sostenendo sulle spalle un’intelaiatura di ferro di 70 chili, sulla quale si arrampicano 11 persone. Nei teatri, interpreta con la moglie Sarah “quadri mitologici”, impreziositi da giochi d’acqua realizzati con marchingegni di sua invenzione. Aristocratici e intellettuali ne sono entusiasti: Walter Scott lo definisce “il più bello tra i giganti”, Charles Dickens ne loda le qualità morali, Lord Byron ne ammira il perfetto inglese e le doti del viaggiatore.
Nonostante il successo Giovanni Battista Belzoni è inquieto e cerca altro. Nel 1815 va in Egitto a proporre al pascià Mohammed Alì un suo prototipo di macchina per sollevare l’acqua dal Nilo al livello dei campi, ma il pascià non se ne entusiasma e Belzoni resta senza lavoro, finché il console inglese al Cairo gli propone di alzare dalle sabbie un grande frammento della statua di Memnone (un personaggio mitologico, ma in seguito si scoprirà che in realtà raffigurava il faraone Ramses II), portarlo lungo il Nilo fino ad Alessandria, per poi spedirlo a Londra. Sembra un impresa impossibile, ma Giovanni Battista Belzoni con paranchi, leve, rulli e un’ottantina di operai, ci riesce e oggi la statua del faraone accoglie i visitatori nelle sale del British Museum, a Londra.
Il console inglese lo sfida di nuovo e gli chiede di liberare dalla sabbia la parete rocciosa di Abu Simbel, su cui sono scolpite le gigantesche figure di Ramses II. Nessuno sa ancora che le statue formano, in realtà, la monumentale facciata di un tempio scavato nella collina di pietra, ma Belzoni lo sospetta e tra difficoltà di tutti i tipi sposta tonnellate di sabbia e porta allo scoperto il cornicione superiore di un portale, s’infila nell’apertura ed entra nell’imponente sala ipogea, decorata con sculture e dipinti. Poi nella Valle dei Re cerca tombe faraoniche inviolate e il 18 ottobre 1817 trova quella di Seti I, padre di Ramses II, tutta affrescata e con il grande sarcofago d’alabastro.
Quindi si reca a Giza per un’impresa a cui pensa da tempo: entrare nella piramide di Chefren, la seconda per altezza dopo quella di Cheope.
Fin dai tempi di Erodoto, tutti sono convinti che sia una struttura piena, senza cavità, ma Giovanni Battista Belzoni la pensa diversamente e tra le pesanti ironie di molti europei e lo sconcerto degli operai egiziani che ormai lo chiamano “il pazzo”, studia ogni particolare, osserva pietra per pietra, finché si ferma deciso al centro del lato nord e ordina di scavare in quel punto. È certo che l’entrata sia proprio lì e ha ragione. «Dopo trenta giorni di lavoro – scrive nelle sue memorie – ebbi la gioia di trovarmi nel corridoio che conduce alla camera centrale», che purtroppo era vuota (in seguito verrà decifrata un’incisione araba travata all’interno, seconda la quale la piramide era stata già violata 600 anni prima dal figlio del famoso Saladino), ma questo nulla toglie all’impresa del padovano, che intanto aveva lasciato la propria firma all’interno della camera sepolcrale: «Scoperta da G. Belzoni, 2 marzo 1818»
Torna a Londra dove è accolto come un divo e in suo onore viene coniata una moneta di bronzo recante la sua effigie da un lato e la piramide dall’altro.
Tanto successo suscita però anche invidie e critiche che lo amareggiano.
Nell’aprile del 1823 parte per l’Africa, alla ricerca delle sorgenti del Niger, un viaggio dal quale non tornerà più. Giovanni Battista Belzoni, il gigante delle piramidi, muore il 3 dicembre 1823, a soli 45 anni, nel Benin, per dissenteria. Viene sepolto sotto un grande albero, ma la sua tomba non sarà mai ritrovata.