E’ la diga di São Luiz do Tapajós, un progetto devastante, che inonderà parte delle loro terre distruggendo una vasta area della foresta amazzonica. La diga di São Luiz do Tapajós, la più grande delle 43 dighe previste sul fiume Tapajos, avrebbe un bacino di 729 chilometri quadri (circa l’estensione di New York!) e sommergerebbe 400 chilometri quadri di foresta pluviale incontaminata, portando inoltre alla deforestazione di un’area di 2.200 chilometri quadrati!
Il fiume Tapajós scorre nel cuore dell’Amazzonia brasiliana. Nelle sue acque nuotano i delfini rosa, mentre le sue rive sono l’habitat di centianaia di uccelli, rettili, angibi e mammiferi, come il giaguaro e l’ocelot. Queste sono anche le terre del popolo indigeno dei Munduruku che da più di trent’anni si battono per difendere la valle del Tapajós dalla minaccia dei megaprogetti idroelettrici. Lo scorso aprile l’Agenzia brasiliana per le popolazioni indigene (FUNAI) ha riconosciuto i territori dei Munduruku, fornendo la base legale per richiedere la sospensione della costruzione della mega diga. Si tratta però solo di una sospensione temporanea che non equivale alla cancellazione del progetto: questa avverrà infatti solo nel caso in cui il governo brasiliano confermi la decisione del FUNAI di tutelare le terre Munduruku.
Greenpeace ha simbolicamente fornito i Munduruku di pannelli solari per dimostrare che non è necessario distruggere l’Amazzonica per portare elettricità nelle aree remote. E chiede alle multinazionali di abbandonare il progetto. Ad esempio, l’azienda tedesca Siemens negli ultimi anni da un lato ha rafforzato la sua presenza nel settore delle rinnovabili, ma d’altra parte ha partecipato anche alla realizzazione della diga di Belo Monte, sul fiume Xingu, che ha devastato un ampio tratto di foresta amazzonica.Chiediamo a Siemens di confermare che non sarà coinvolta in alcun modo nella realizzazione della diga di São Luiz do Tapajós, un’operazione che sarebbe in netto contrasto con l’immagine “green” che pretende di mostrare.