Fonte: http://www.vivamafarka.com/
23 Marzo 1919:
I “Caimani „ furono comandati dall’Ammiraglio Vittorio Tur, scelti inizialmente su base volontaria tra il personale proveniente dalle zone del Piave, esperta delle correnti e delle secche del Piave e poi in seguito selezionati anche da personale proveniente di altre regioni. Tutti i volontari erano sottoposti ad un duro addestramento che comprendeva per la prima volta l’insegnamento del jujitsu e di altre arti marziali.
Infatti negli anni dell’inizio secolo per la formazione al corpo a corpo i militari della Regia Marina, già destinati in Estremo Oriente erano divenuti qualificati esperti di jujutsu e judo ed, alcuni di questi esperti, secondo quanto il Comandante Tur raccontava agli allievi delle Scuole di Pola nel 1928, erano stati utilizzati per il particolare addestramento impartito ai “Caimani „.
Composti tra i migliori elementi del Reggimento “Fanti de mar” della Regia Marina (che in seguito prese il nome di “San Marco”), varcavano il fiume a nuoto per andare a effettuare incursioni sulla sponda opposta.
I “Caimani del Piave„ per permettere ad ognuno la maggiore libertà di movimento possibile erano vestiti spesso con i soli calzoncini da bagno e ricoperti da una mistura di grasso e nerofumo per proteggersi dal freddo e mimetizzarsi nel buio; inoltre indossavano un’uniforme completamente nera (1) dalla testa ai piedi (calzoni, maglione, ecc.) atta a favorire le azioni notturne oltre le linee nemiche, come ricorderebbe anche la targa in marmo nelle camerate del Grupforcost di Venezia, su cui è scritto:
“In questi luoghi si addestrarono i marinai ardimentosi che si immolarono sul Piave per la difesa di Venezia e dell’Italia tutta. Essi furono ricordati come i “Caimani Neri del Piave”. Isola di S. Andrea, conflitto 1915/1918″.
E’ forse ipotizzabile, che tale tenuta a bassa visibilità sia stata adottata sull’esperienza della Guerra Russo Giapponese dove misteriose figure vestite di nero, i ninja, abbordavano le navi russe e ritirandosi subito dopo averle sabotate. Certo è che tale esotica notizia sia arrivata in Europa attraverso le relazioni degli osservatori e dei giornalisti inviati al fronte.
Invece pare certo che il soprannome “Caimani del Piave„ derivi dalla loro tattica attraversare il fiume, durante la notte, utilizzando una tecnica di nuoto ispirata agli alligatori ovvero esponendo dall’acqua, solamente la testa appena sopra alle narici quanto bastava per respirare (2).
Così i “Caimani „ con piccole zattere parzialmente sommerse, usate principalmente trasportare bombe a mano e materiali e fatte avanzare con il solo movimento dei piedi, raggiungevano la riva opposta del fiume per esplorarne i luoghi nella tenebra più completa, cercando di individuare le postazioni nemiche. Quando un obiettivo adatto veniva trovato, si provvedeva a neutralizzarne tutte le sentinelle solitamente silenziosamente con le armi bianche; poi l’avamposto veniva attaccato con le granate e distrutto.
Paragonabili alle azioni della marina gli atti di eroismo di cui furono protagonisti gli Arditi furono innumerevoli e nella maggior parte leggendari. Sono famosi gli episodi di Arditi che varcarono il Piave a nuoto per andare a neutralizzare gli avamposti nemici sulla sponda opposta, anch’essi vestiti con le sole mutande rimboccate al ginocchio ed armati di moschetto, tascapane con granate, giberne e pugnale tra i denti raggiungevano la sponda avversaria per eliminare le postazioni di mitragliatrice. Almeno in un’occasione il giorno 12 settembre 1918, sul Basso Piave, come mostrato da una tavola di Achille Beltrame, ingannando il nemico occupato a colpire imbarcazioni piene di fantocci.
Per tali azioni i soldati in particolare quelli di origine sarda, non preferivano utilizzare il pugnale di dotazione ai riparti, essendo difficile aggredire l’avversario alla gola a causa del colletto di stampo ottocentesco dell’uniforme austriaca: pertanto venivano utilizzati modelli regionali, il Pattada, che per la forma acuminata permetteva un efficace risultato nella penetrazione del collo dell’avversario (3).
Infine tra i compiti svolti da queste unità speciali ricordiamo quella dei nuotatori-portaordini sotto il capitano Bacci con 82 uomini, il cui compito era quello di portare i messaggi nuotando attraverso il Piave correndo il rischio di annegare facilmente: il tributo di questa unità speciale fu infatti terribile: 50 su 82 arditi nuotatori morirono in azione nel 1918.
A.Carlucci
(1) Testimonianza Bernè
(2) Testimonianza Elio Dessì di Guspini (CA)
(3) Testimonianza Elio Dessì di Guspini (CA)