Scxritto da: Marco Innocenti
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/
Estate 1944. In un’Europa insanguinata da cinque anni di guerra il nazismo è vicino al collasso. A est l’Armata rossa avanza come un rullo compressore, disintegrando le difese tedesche e avvicinandosi ai confini del Reich. A ovest gli Alleati hanno conquistato la Francia mentre sul fronte italiano la Wehrmacht si ritira combattendo verso nord. La guerra è persa, è solo questione di tempo. Solo un uomo è ancora convinto della vittoria finale, Adolf Hitler, il “caporale boemo”, come lo chiamano gli ufficiali aristocratici che si stanno organizzando per eliminarlo.
Claus von Stauffenberg
L’uomo chiave della congiura è il giovane tenente colonnello, conte Claus von Stauffenberg, 37 anni, eroe di guerra, pluridecorato, brillante ufficiale di Stato maggiore: un uomo colto, raffinato, amante della poesia e della musica, fervente cattolico, idealista, poliglotta, ostile alla mentalità conservatrice degli alti gradi dell’esercito. Ha combattuto in Polonia, in Francia, sul fronte russo, in Tunisia: ha perso l’occhio sinistro e la mano destra. L’opposizione a Hitler è nata alla vista delle atrocità commesse dai nazisti. Il disgusto è diventato ribellione, e la ribellione cospirazione. La coscienza ha il sopravvento sull’obbedienza. Nel settembre del ’43 entra nel complotto che altri ufficiali stanno portando avanti da tempo, per una “questione di onore” ma senza fortuna. Alla moglie Nina, madre dei loro quattro figli, dice: “Sento di dover fare qualcosa per salvare la Germania”. Non sopporta la vergogna di sentirsi tedesco. E’ un uomo alto, eretto, l’occhio sinistro coperto da una benda nera, una figura piena di fascino e di fierezza. Assume la leadership della congiura, da uomo pronto ad arrivare al limite. E il limite è l’uccisione del Fuehrer.
La bomba
Rastenburg, 20 luglio 1944. Quartier generale di Hitler, detto la “Tana del lupo”. E’ una giornata calda e serena d’estate, il giorno scelto per colpire il tiranno. La conferenza di Hitler, nella sala riunioni, inizia alle 12,30. Stauffenberg rompe la capsula del detonatore, entra nella sala, colloca la borsa con la bomba il più vicino possibile a Hitler, esce dalla stanza: il tutto con la massima calma. Ha commesso un errore, però: non è riuscito a innescare la seconda carica di esplosivo. Come non può immaginare che un colonnello sposti la borsa un po’ più in là, accanto al massiccio zoccolo del tavolo di quercia, perché non intralci il Fuehrer, salvandogli così la vita. Alle 12,42 la stanza viene squassata da una spaventosa deflagrazione. Una fiammata e una nera nube di fumo si alzano dall’edificio. Stauffenberg riesce ad allontanarsi con la (falsa) certezza che il colpo sia riuscito e il Fuehrer eliminato. Non è così e l’Operazione Valchiria, il colpo di stato per neutralizzare i gerarchi nazisti, è destinato al fallimento. Mal condotto, poco tempestivo, incapace di isolare Berlino, “salta” quando la voce di Hitler sopravvissuto cancella ogni residua speranza.
La vendetta
Il complotto è soffocato in un bagno di sangue. Stauffenberg e alcuni congiurati sono fucilati la sera stessa, alla luce dei fari dei camion. Altri sono catturati. La vendetta di Hitler è feroce. Molti uomini che incarnano il meglio della Germania sono condannati a morte e impiccati a ganci di macellaio. “Dobbiamo essere crudeli – aveva detto Hitler anni prima – Dobbiamo compiere efferatezze senza rimorsi di coscienza”. “Chi agirà – aveva confessato Stauffenberg prima di quel 20 luglio fatale – entrerà nella storia tedesca col marchio del traditore. Se invece rinuncerà ad agire, sarà un traditore davanti alla propria coscienza”. Ora, la strada dove Stauffenberg quella sera gridò “Viva la Sacra Germania” mentre il plotone d’esecuzione faceva fuoco, si chiama Stauffenbergstrasse. Un monumento ricorda un uomo coraggioso che morì per una Germania diversa.