Scritto da: Gabriele Battaglia
Fonte: http://it.peacereporter.net
Il nuovo programma di difesa nazionale: dalla Guerra Fredda alla dottrina anticinese
I media internazionali hanno dato grande risalto al nuovo programma di difesa nazionale giapponese. Si chiama “dynamic defense capability” e implica un cambiamento non solo contingente, ma anche dottrinale.
Dal vecchio modello basato sulla difesa della parte nord dell’arcipelago, con Hokkaido al centro, si passa infatti a una strategia incentrata sulla parte meridionale del Paese e sulle isole Nansei.
Le Nansei, prossime a Taiwan, comprendono l’arcipelago delle Senkaku, che è parte della prefettura di Okinawa e da mesi al centro di una disputa con la Cina, che le chiama Diaoyu. Qui, ad agosto, un peschereccio cinese ha speronato due motovedette giapponesi che cercavano di fermarlo. Nella crisi che ne è seguita, condita da manifestazioni nazionaliste da entrambe le sponde del mare, è emerso con chiarezza un nuovo scenario.
La Cina, in difinitiva, è percepita come il nuovo principale antagonista del Giappone. Nel programma di difesa nazionale – varato dal governo con stanziamento di fondi per il quinquennio 2011-15 – il Dragone sostituisce “nero su bianco” la Russia come minaccia numero uno per l’integrità territoriale nipponica. Va in soffitta l’eredità della Guerra Fredda, si apre una nuova era.
C’è poi la penisola coreana da tenere d’occhio, specie dopo le ultime vicende di un conflitto che dal 1953 non è mai stato formalmente chiuso.
La trasformazione è “dottrinale” anche nel senso che il nuovo modello di difesa è definito “dinamico“. In pratica si farà sempre più affidamento sulla flessibilità delle forze armate e sulla loro capacità di monitorare in tempo reale le manovre dell’ipotetico antagonista.
Lo impone la geografia dei luoghi. Mentre a nord il Giappone finisce con Hokkaido (più a settentrione, le Curili sono occupate dai russi), a sud si prolunga in un pulviscolo di isole fino a Taiwan e ben in profondità nel Mar Cinese Orientale: piccoli avamposti per piccole guarnigioni, con la necessità di trasportare velocemente truppe e materiali in tutte le direzioni.
Questo implica un comando integrato di esercito, aviazione, trasporti, con in aggiunta una nuova dotazione di missili installati sugli isolotti e puntati verso la Corea del Nord.
A questo punto, perché tutta l’enfasi nel presentare le novità?
“Nansei, Senkaku, Okinawa”, ecco una possibile chiave di lettura. Il nuovo programma di difesa nazionale, strillato ai quattro venti nella sua inevitabilità, sembra un ottimo strumento per fare pressioni sugli abitanti di Okinawa che si battono contro il trasferimento della base militare Usa di Futenma a Henoko, sempre sull’isola.
Il Primo ministro Naoto Kan, che ha visitato la base militare statunitense lo scorso weekend per la prima volta dalla sua nomina, a giugno, ha sondato il terreno con alcune dichiarazioni.
Ha per esempio sostenuto che lo spostamento della base all’interno dell’isola è un’opzione “migliore” (rispetto al suo trasferimento altrove) anche se “non la migliore in assoluto”.
Ha dovuto però incassare la decisa opposizione del neoeletto governatore Hirokazu Nakaima: un piano per il trasferimento della base all’interno di Okinawa – ha tagliato corto l’anziano politico – “non potrebbe in nessun caso essere ‘migliore’, ma solo pessimo“.
La partita è aperta.
Nel frattempo, il lavorio ai fianchi della propaganda che evoca lo spauracchio cinese comincia a dare i suoi frutti: secondo un sondaggio commissionato dal governo, il 78 per cento dei giapponesi afferma di “non sentirsi vicino” alla Cina, il 19 per cento in più rispetto all’anno scorso, per il peggior risultato dal 1978.