Fonte: http://phys.org/news/2012-11-messenger-evidence-ice-mercury-poles.html
Tradotto da: http://www.ditadifulmine.com
Acqua su Mercurio? Se la sola idea vi fa balzare dalla sedia, in realtà ci sono discrete probabilità che il pianeta più vicino alla nostra stella ospiti grandi quantità di ghiaccio d’acqua all’interno di aree eternamente nascoste dalla radiazione termica solare.
Sono ormai molte le misurazioni che suggeriscono che alcune regioni di Mercurio siano ricche di ghiaccio d’acqua. Nonostante i soli 46-69 milioni di km di distanza dal Sole e l’esposizione massiccia alla radiazione stellare, Mercurio è inclinato sul suo asse rotazionale di nemmeno un grado, creando intere aree della sua superficie perennemente avvolte dall’oscurità.
L’ipotesi che queste regioni oscure potessero ospitare ghiaccio d’acqua è stata proposta diverse decadi fa, ma è solo dal 1991 che si è iniziato a raccogliere le prime prove dell’esistenza di ghiaccio attraverso il radiotelescopio di Arecibo.
I ricercatori dell’osservatorio portoricano scoprirono alcune strane chiazze bianche nelle riprese radar del telescopio, chiazze che riflettevano la luce solare secondo un comportamento coerente con la presenza di ghiaccio d’acqua sulla superficie del pianeta.
Molte di queste macchie bianche si trovavano in corrispondenza di crateri da impatto ripresi dalla sonda Mariner 10 negli anni ’70, ma la copertura fotografica del pianeta fu completata per meno del 50% della superficie di Mercurio, rendendo impossibile esaminare nel dettaglio la collocazione di questi ipotetici depositi di ghiaccio.
MESSENGER, giunta su Mercurio lo scorso anno e dotata di una strumentazione scientifica ben più avanzata di quella della Mariner 10, sta iniziando a fornire dati preziosissimi: il suo Mercury Dual Imaging System ha confermato che le macchie bianche osservate dal radar di Arecibo oltre 20 anni fa si troverebbero in regioni costantemente al buio, lontane dalla radiazione termica del Sole.
La spettroscopia a neutroni condotta dalla strumentazione di MESSENGER, inoltre, ha fornito prove consistenti del fatto che i depositi polari di Mercurio sarebbero composti da ghiaccio d’acqua in superficie, sepolti da uno strato di uno strano materiale scuro.
In rosso, le regioni perennemente in ombra sulla superficie di Mercurio
I dati mostrano che la concentrazione di idrogeno nelle aree oscure è consistente con la presenza di ghiaccio d’acqua. “I dati sui neutroni indicano che i depositi polari visibili al radar contengono, in media, uno strato ricco di idrogeno spesso oltre 10 centimetri, sepolto sotto uno strato di 10-20 centimetri meno ricco di idrogeno” spiega David Lawrence, membro del team di MESSENGER. “Lo strato sepolto ha un contenuto di idrogeno consistente con ghiaccio d’acqua quasi puro”.
Il Mercury Laser Altimeter, strumento che ha “sparato” oltre 10 milioni di impulsi laser contro la superficie del pianeta per mapparlo dettagliatamente, ha anche scoperto zone meno riflettenti, probabilmente regioni in cui il ghiaccio è ricoperto da uno strato di materiale isolante.
Secondo David Paige, ricercatore della University of California, questo materiale isolante sarebbe composto da un mix di composti organici complessi trasportati su Mercurio dall’impatto di comete e asteroidi, gli stessi potenziali responsabili del trasporto dell’acqua sul pianeta.
Il materiale organico potrebbe aver assunto una colorazione scura per via dell’esposizione alle tremende radiazioni che colpiscono la superficie di Mercurio anche nelle aree non direttamente esposte alla radiazione termica e luminosa del Sole.
“Per oltre 20 anni si è discusso se il pianeta più vicino al Sole possedesse acqua in abbondanza nelle sue regioni permanentemente all’ombra. MESSENGER ha ora fornito un verdetto affermativo. Ma le nuove osservazioni sollevano nuove domande. Questo materiale scuro nei depositi polari consiste per la maggior parte di composti organici? Che tipo di reazioni chimiche ha sperimentato? Ci sono regioni su Mercurio, o al suo interno, che possono ospitare acqua liquida e composti organici? Solo con la continua esplorazione di Mercurio possiamo sperare di rispondere a queste domande”.