Scritto da: Andrea
Fonte: http://tattichemilitariantiche.blogspot.it/2009/05/la-falange-greca.html
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La falange greca (phàlanx) è una formazione chiusa ed estremamente compatta, consiste nel formare un muro di scudi da cui colpire il nemico con lance e spade formato da soldati in armatura pesante.
Nata intorno alla metà del VII sec. a.C. la falange dominerà i campi di battaglia dell’Ellade fino alla sconfitta inflitta dai macedoni prima e dai romani poi; lo scontro falangitico prevede che due formazioni di fanti pesanti si scontrino finché una delle due cede e va in rotta e questo richiede due caratteristiche fondamentali: l’armamento adatto e un addestramento specifico unito ad un forte spirito di corpo.
Studiamo ora l’armamento, il fante o oplita (hoplites=colui che usa le armi) è armato con uno scudo rotondo, l’hòplon, del diametro di circa 90 cm. in legno con un rivestimento esterno di bronzo e la grande innovazione di questo scudo, detto anche argivo, consiste nella sua impugnatura che comprende l’imbracciatura (pòrpax) e la presa per la mano (antilabé), questo tipo di impugnatura consente di usare tutta la muscolatura del braccio per sopportare il notevole peso dello scudo, 9 k. ca., ma nel contempo si può dire che lo blocca.
Infatti la larghezza dello scudo copre sia il soldato che lo porta sia quello alla sua sinistra e così si ottiene un muro continuo di scudi che contemporaneamente protegge e tiene unita tutta la linea di fanti, infatti se uno dei fanti nella prima linea dovesse fuggire si creerebbe un varco che nel momento dello scontro e della spinta delle linee nemiche porterebbe alla rottura del proprio fronte.
Il fante è armato anche con un’armatura pesante in bronzo, o in lino pressato nei periodi successivi, porta dei gambali e un elmo in bronzo; mentre per l’attacco è dotato di una lancia di due metri ca. e di una spada (kòpis) ricurva ed estremamente tagliente sul lato interno, oltre a ciò anche lo scudo può essere usato come arma poiché gli opliti sono addestrati a spingere la linea nemica ma hanno anche la possibilità poter colpire i nemici con lo scudo purché non si scoprano troppo.
Come dicevamo sopra un altro valore fondamentale della falange è lo spirito di corpo e la coesione, entrambi non facili da creare e soprattutto mantenere, infatti questi soldati erano cittadini delle poleis che si compravano l’armamento e difendevano le loro città e i loro diritti da eventuale asservimento (spauracchio terribile per tutti i greci) e questo spingeva il singolo a sentirsi parte di un tutto, di un ordinamento ovvero di una tàxis che doveva avanzare in formazione e colpire con la lancia i suoi avversari senza lasciare il suo posto, famoso è il frammento del poeta Archiloco di Paro contemporaneo di questa rivoluzione:
Uno dei Sai si gloria dello scudo, che presso un cespuglio, strumento perfetto, dovetti lasciare, pur senza volerlo; la vita, d’altra parte, l’ho salvata: di quello scudo che cosa m’importa? Che vada in malora: di nuovo me ne procurerò uno, non peggiore.
Gli opliti erano addestrati ad evitare proprio tale gesto, il gettare lo scudo e fuggire voleva dire creare una crepa nella falange e forse causarne la rottura, e in più lo scudo aveva una grande importanza sia in dignità che in denaro.
Il grande punto debole della falange greca erano i fianchi, infatti questo monolitico reparto di opliti poteva avanzare e colpire con efficacia solo sul fronte e sostanzialmente avanzare in avanti e questo lo esponeva ad aggiramento o accerchiamento.
Questa era un’eventualità non troppo frequente visto che le varie poleis combattevano allo stesso modo ma verso l’inizio del IV sec. a.C il generale ateniese Ificrate di Ramnunte unì all’esercito ateniese una tipologia di soldati innovativa sia per armamento che per scopi, i peltasti.
Le varie falangi avevano sempre avuto un leggero velo di fanteria leggera e cavalleria sia per attaccare che per proteggere i fianchi ma con i pelasti le possibilità aumentano, i peltastoi (portatori di pelta) sono fanti armati con un piccolo scudo a mezzaluna, il pelta appunto, e con giavellotti e spade quindi sono dei fanti armati alla leggera, ma essendo inquadrati in reparti specifici possono attaccare col tiro di proiettili o rapidi attacchi anche la fanteria pesante e nel 390 a.C vicino al lèchaion, il porto orientale di Corinto, Ificrate distruggerà una delle sei more dell’esercito spartano proprio con i peltasti.
Un altro grande innovatore sarà il generale tebano Epaminonda che nel 371 a.C. a Lèuttra distruggerà l’esercito spartano cambiando lo schieramento della falange e rendendola più dinamica, infatti era consuetudine che i reparti migliori si disponessero sul fianco destro e che l’esercito avesse la profondità di almeno 8 linee e avendo i reparti più forti sui fianchi opposti, a volte, i due eserciti si trovavano a girare per la spinta attuata da questi reparti.
Intuito questo Epaminonda dispose il suo miglior reparto, il battaglione sacro composto da 150 coppie di omosessuali, più la sua guardia e gli altri reparti migliori sul suo fianco sinistro e quindi di fronte al re spartano Cleombroto ma con uno spessore di 12 linee, mentre il suo centro era composto di 8 linee e la sua ala destra di 4 linee, la sua destra essendo più debole fu disposta in posizione più arretrata in modo da entrare in contatto quando ormai l’ala più forte, cioè la sinistra aveva già vinto; questa falange inclinata diede ottimi risultati: gli spartani lamentarono la perdita di 400 dei 700 degli spartiati presenti, la morte dello stesso re Cleombroto più la morte di almeno altri 2000 soldati, cifre molto elevate per una battaglia tra poleis.
FONTI
ERODOTO, Storie, Oscar classici greci e latini, Milano 2000
SENOFONTE, Anabasi, Bur, Milano 1994/2000
BIBLIOGRAFIA
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DOMENICO MUSTI, Introduzione alla storia greca, Editori Laterza Roma-Bari, 3° edizione 2004
CINZIA BEARZOT, Manuale di storia greca, il Mulino, Bologna 2005
PAUL K. DAVIS, Le 100 battaglie che hanno cambiato la storia, Newton & Compton Editori, Roma 2003