Scritto da: Gianni Lannes
Fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/
Scorie radioattive e rifiuti pericolosi, un micidiale miscuglio proveniente dall’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” finanziato dalla Regione Puglia di Nichi Vendola – fondato da Padre Pio, santificato in tempi recenti da Papa Wojtyla – scaricati nottetempo in una voragine carsica del Gargano (area “protetta” e parco nazionale dal 1991). E’ accaduto per anni nell’agro di San Giovanni Rotondo. Lontano da occhi indiscreti: il sistema più facile per sbarazzarsi di spazzatura speciale. C’era solo l’imbarazzo della scelta, per via delle 500 cavità naturali note, ma poco esplorate nella “montagna del sole”. Risultato? Falde acquifere gravemente inquinate e denunce frettolosamente archiviate dalla Procura della Repubblica di Foggia.
Itinerario – Alla grava San Leonardo, in località “Donna Stella” si arriva percorrendo la strada statale 89 (Foggia-Manfredonia). Al bivio er San Giovanni Rotondo si prende a destra la nazionale 273 per dodici chilometri. Superato un chiosco s’imbocca sulla destra una mulattiera asfaltata. Dopo quattro chilometri, a sinistra una carrareccia conduce alla bocca (diametro 23 metri) della grande grotta carsica.
Discarica sotterranea – Là sotto si trova di tutto – hanno rivelato gli speleologi Carlo Fusilli e Paolo Giuliani – da molti anni giacciono tonnellate di medicinali avariati ed altro materiale sanitario infetto, scaricati da un famoso ospedale che qui ha trovato un comodo quanto economico sistema per disfarsi dei propri rifiuti. L’enorme massa inquinante oltre ad aver ridotto la cavità ad una vera e propria discarica, costituisce una costante minaccia per l’integrità delle acqua di falda».
Denuncia insabbiata – Nel 1977 i primi speleonauti si calano a 76 metri di profondità. Così tra stalattiti e stalagmiti si imbattono in cumuli di rifiuti e cascami radioattivi di origine sanitaria. Scatoloni, sacchi e contenitori di varia foggia e dimensione portano la dicitura inequivocabile “Casa Sollievo della Sofferenza”, oppure “Croce Rossa Italiana”, “Hoechst Italia Spa”, perfino “Per Padre Pio” e altro ancora. Nel 1982 lo speleologo Giuliani ed il geologo Carlo Lancianese (scomparso in tragiche circostanze) si rivolgono alle autorità competenti. «L’esposto partì corredato di foto e dettagliata relazione – rivela la speleologa Anna Di Donato – ma il tempo, la burocrazia hanno fatto in modo che la denuncia percorresse un viaggio lungo e tortuoso di andata e ritorno per poi definitivamente perdersi nei meandri della Procura di Foggia. Siamo andati anche alla Prefettura ma non c’era più niente». All’epoca il dottor Pasquale Sanpaolo, responsabile dell’Ufficio Igiene e Sanità Pubblica scrive al sindaco: «Data la gravità di quanto in esso contenuto comprovata anche dalle immagini fotografiche fornite e ritenuto indispensabile rimuovere al più presto tutto il materiale indiscriminatamente scaricato e attualmente presente nella grava di San Leonardo». Il medico invita senza successo il primo cittadino a «voler disporre in maniera urgente gli accertamenti e la rimozione dei rifiuti presenti, nonché ad adottare opportuni provvedimenti atti a prevenire tali abusi». Parole determinate, ma dissolte nel vento e seppellite dall’oblio. Incredibilmente, nonostante le prove schiaccianti, nel ’95 il sostituto procuratore Francesco Federici della Pretura Circondariale di Foggia chiede al giudice per l e indagini preliminari «l’archiviazione del procedimento penale numero 14773/94». E il gip Salvatore Russetti, senza pensarci sopra poi tanto, in un baleno accoglie l’immotivata richiesta. Allora, il direttore sanitario rispondeva al nome di Orazio Pennelli, un nipote di padre Pio, che interpellato se la cavò con un “no comment”. «Ormai i colpevoli protetti da curie e dalla prescrizione dei reati, possono dormire sonni tranquilli» accusano i rari ecologisti locali. Mentre i rigagnoli avvelenati scorrono nel torrente ipogeico dal quale attingono acqua attraverso i pozzi, ignare popolazioni. In seguito il il Gruppo Speleologico Dauno e la Lipu ci riprovano. «Alla data odierna malgrado le scriventi associazioni abbiano già richiesto in sede di denuncia di conoscere lo sviluppo delle azioni tese al recupero del sito, non è prevenuta alcuna comunicazione circa l’esito delle analisi, ovvero le azioni programmate per la bonifica, scrivono Vincenzo Cripezzi e Alessandro Paolucci. Così la Federazione Speleologica Pugliese ha presentato un altro esposto ma senza esito alcuno. Eppure, la magistratura indagando potrebbe approfondire circostanze davvero singolari. E scoprire altri siti di sepoltura di scorie e lupare bianche.