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Nel Medioevo la perdita delle antiche certezze e l’angosciosa ricerca di verità e conoscenza portarono l’arte medica a percorrere nuove strade per il raggiungimento del sapere; ma per quanto riguarda la cura delle malattie mentali si assiste ad una involuzione del pensiero medico: infatti i disturbi della sfera psichica sono relegati nell’area religiosa con la conseguenza che gli interventi terapeutici diventano oggetto di esame e cura esclusiva dei ministri della fede. La follia era ritenuta un vizio giustificato dall’intervento del demonio; così per cacciare il maligno dall’anima, gli amuleti e le terapie usati nell’antichità vengono sostituiti con altri riti religiosi come il segno della croce, l’aspersione dell’acqua benedetta, l’intercessione dei Santi Taumaturghi. I santuari in cui si conservano le reliquie dei Santi considerati protettori delle malattie nervose, diventano meta continua di pellegrinaggi per ottenere la guarigione. Nei trattati di medicina si tenta comunque di dare alcune spiegazioni dei diversi turbamenti cerebrali: a seconda della gravità del disturbo, i folli vengono sottoposti a percosse e ad esercizi coercitivi. Un esempio significativo dei medicamenti più comuni per la cura delle malattie mentali è il trattato di Pietro Ispano (1226-1277) conosciuto sotto il nome di THESAURUS PAUPERUM. In un’epoca in cui dilagava la terapia preziosa con l’utilizzo dell’oro e delle pietre preziose, Ispano cercò di fornire un manualetto di rimedi a poco prezzo, facili da trovare e alla portata di tutti. Si trattava di una medicina empirica ma non certo immune da credenze superstiziose. La carne del lupo, per es., era considerata un toccasana per guarire i “ fantastici “ ma nei casi di pazzia conclamata, l’unica cura possibile era l’esorcismo; convinzione ancora radicata nel Seicento in una parte dell’ambiente medico, sicuro che questo tipo di malattia fosse da imputarsi a possessioni demoniache.
Secondo la medicina popolare, la malattia proveniva da forze malvagie provocata dall’invidia e dal malocchio o conseguenza dell’ira divina per i peccati commessi. In questi casi si ricorreva all’opera del guaritore dotato di “fluido benefico” o al mago capace di interrogare le stelle e creare amuleti apotropaici. A tale riguardo segnaliamo che forse l’amuleto apotropaico più famoso è l’Occhio di Santa Lucia; indossato, portato al collo o inserito nei brevi scaccia il “mal occhio” ( è una conchiglia che sezionata assomiglia ad un occhio). Quando il medico, l’erborista, la medichessa, il guaritore o il mago avevano fallito, al poverino non rimaneva che affidarsi con fiducia all’intercessione di qualche Santo Taumaturgo specializzato nella guarigione del suo disturbo. La fede riposta nelle immaginette devozionali (santini), nelle medagliette sacre, negli scapolari o nei “ brevi” sono una antica usanza pagana, frutto di superstizione, che opera un potente effetto “placebo” portando al miglioramento dei disturbi nervosi e talvolta, producendo il “miracolo”. I brevi, o brevetti, sono dei sacchetti di stoffa contenenti frammenti di pane, canfora, cenere di olivo, immagini sacre ecc. Ma spesso la vera fede cede il passo a pratiche magico-religiose come per es., l’usanza legata ai talismani eduli (edulus, commestibile). Queste piccole immagini sacre raffigurate su sottilissimi foglietti di carta erano chiamati dal popolo “ bocconcini “ , perché venivano mangiati in caso di malattia.
Cosma e Damiano
Cosma e Damiano sono stati designati come Santi Patroni della Medicina e di altre professioni legate all’arte del guarire in virtù dei loro grandi poteri taumaturgici. Si conoscono tre coppie di Santi con i nomi di Cosma e Damiano: i martiri di Roma lapidati, i martiri arabi decapitati e infine, gli Anargiri provenienti dall’Asia che morirono di morte naturale. I martiri di Roma furono accusati di magia ma avendo curato una lussazione dell’imperatore Carino (283 d.C.), questi prese a stimarli. Il loro maestro, invidioso, con la scusa di raccogliere erbe , li lapidò a morte. Per quanto riguarda i martiri arabi, si racconta che fossero gemelli, che dopo aver studiato medicina in Siria, si stabilirono a Egea. Qui, rispettati dalla popolazione, diffusero la fede cristiana attraverso il loro lavoro acquistando grande notorietà. Ma la fama del loro talento di guaritori raggiunse anche Lisia, governatore romano al tempo delle persecuzioni religiose ordinate da Diocleziano (284-305 d.C.), che li fece arrestare. Come molti altri cristiani, i Santi si rifiutarono di accogliere e osservare le pratiche pagane e perciò furono condannati a morte. Il loro martirio fu atroce: nonostante fossero stati bruciati, lapidati, crocefissi e tagliati in due, sopravvissero per morire infine decapitati. Per quanto riguarda gli Anargiri provenienti dall’Asia e morti di morte naturale, si narra che, educati dalla madre Theodota, perché il padre era morto quando ancora erano bambini, si fecero ben presto notare curando e guarendo uomini e animali, meritandosi il nome di Anargiri ( in greco: senza argento ) per l’abitudine di rifiutare compensi in cambio dei loro servizi.
Una leggenda narra che una donna di nome Palladia, dopo aver consumato un patrimonio in rimedi inefficaci, chiese a Damiano aiuto offrendogli come compenso tre uova; questi dapprima rifiutò, ma poi, per non offendere la donna , le accettò. Quando Cosma scoprì il fatto, si irritò a tal punto da dichiarare di non voler essere seppellito insieme a Damiano. Morti i due fratelli , si discusse a lungo sul che fare delle spoglie. Il dilemma fu risolto da un cammello – un tempo curato dai due Anargiri – che miracolosamente parlò, affermando che Damiano doveva essere sepolto con Cosma: infatti egli aveva accettato il dono per rispetto dei sentimenti della donna e senza alcuna ambizione personale di guadagno. I fatti storici legati a questi due medici sono oscuri e confusi: a giudicare dalle varie leggende probabilmente Cosma e Damiano erano due fratelli di fede cristiana, vissuti in Asia verso la fine del III sec. e divenuti celebri grazie ai loro poteri taumaturgici. Ben presto cominciarono a circolare notizie di miracolose guarigioni accadute presso la loro tomba sita a Ciro, nel nord della Siria, sede di un tempio di Esculapio, il dio greco della Medicina, trasformata in Santuario, la cui fama si propagò rapidamente nel mondo cristiano orientale e occidentale. Lungo i secoli le immagini di Cosma e Damiano sono state riprodotte su tela, pietra, legno, vetro, metalli preziosi e monete, in quanto mediatori della divina arte del guarire. Le numerose leggende che circondano queste figure e i miracoli a loro attribuiti hanno dato origine a una ricca iconografia in Europa, Oriente e Nuovo Mondo. Il più noto dei miracoli postumi attribuiti ai S.S. Cosma e Damiano, frequente nell’iconografia spagnola, narra di un uomo con una gamba cancerosa, che giunto al Santuario a Roma , a loro dedicato da papa Felice IV, chiese la guarigione e dopo aver pregato ai piedi del loro reliquario, si addormentò. I Santi gli apparvero in sogno, amputarono l’arto malato e lo sostituirono con un altro, appartenente ad un Moro deceduto. Quando l’uomo di svegliò e si ritrovò sano, gridò al miracolo. Gli amici increduli non solo videro la gamba di colore perfettamente trapiantata, ma si affrettarono a controllare la bara del Saraceno, dove trovarono un corpo intatto ma privo di quell’arto.
Bibliografia
Santi Taumaturghi, Nigel Allan
La leggenda aurea, J. da Varagine
Malattia mentale nella storia, M.L. De Nicolò e G. Berretta – 1998