La Tv a colori in Italia

Scritto da : Sergio Mannu
Fonte: http://www.pagine70.com/vmnews/wmview.php?ArtID=710

La cosiddetta “paleotelevisione” degli anni ’50 e ’60 ha lasciato molti piacevoli ricordi, non solo per la straordinaria qualità dei suoi programmi ma anche per lo spirito di pionieristica sperimentazione, proiettato verso il futuro nonostante la sostanziale povertà dei mezzi. Qualcosa di simile si ebbe anche negli anni ’70, quando la televisione, ormai assurta al ruolo di nuovo focolare domestico, fece lo storico passaggio dalle nebbie catodiche del bianco e nero al gioioso e assai più realistico colore, in vigore negli Stati Uniti fin dal 1954. Si incominciò a parlare di televisione a colori nel 1961, anno di nascita del Secondo Programma, poi nel 1967 allorquando la Gran Bretagna incominciò a trasmettere col sistema PAL. Parve poi certo che l’anno fatidico per l’Italia sarebbe stato il 1970, tanto che la RAI incominciò le sue prime prove tecniche trasmettendo al mattino una serie di immagini statiche a colori, con commenti musicali quali il “Valzer dei fiori” di Tchaikovskij. Purtroppo, un’interrogazione sollevata dall’onorevole repubblicano Ugo La Malfa destò il fondato timore che gli italiani si sarebbero indebitati fino all’osso per acquistare gli allora costosissimi televisori a colori. Si ritenne opportuno attendere tempi migliori e l’occasione propizia fu offerta dai Giochi Olimpici di Monaco 1972, trasmessi a giorni alterni col sistema tedesco PAL e con quello francese SECAM. Nelle principali città italiane non furono pochi i negozi che esposero nelle loro vetrine modernissimi televisori a colori, con l’uno o con l’altro sistema data la reciproca incompatibilità. Fu così che, quasi vent’anni dopo i gloriosi tempi di “Lascia o raddoppia?”, si rividero nuovamente folti capannelli di persone radunate attorno ad uno schermo televisivo. Tuttavia, contrariamente alle attese, la maggior parte della gente smorzò quasi subito i suoi primi entusiasmi. I televisori di allora, ancora imperfetti ed anche mal regolati dagli inesperti negozianti, offrivano tinte eccessivamente forti o sgradevolmente sbiadite, lasciando pertanto al vecchio televisore in bianco e nero il momentaneo gradimento del pubblico. E’ di quel periodo il primo annuncio a colori della nostra Televisione di Stato. La prescelta fu Rosanna Vaudetti, da allora ribattezzata “l’annunciatrice tutta d’oro” per la sua telegenia e l’impeccabile professionalità. L’immagine di accoglimento al Forum di Pagine 70 ritrae la brava Rosanna proprio in occasione di un annuncio fatto in quel leggendario periodo ormai entrato nella memoria collettiva.
Sempre nel 1972 venne fatta l’ipotesi di un sistema di televisione a colori tutto italiano, l’ISA, concepito dalla torinese Indesit. Il progetto ISA suscitò grande interesse ma non fu accettato dal Governo italiano a causa della sua non conformità con i sistemi europei esistenti. Nell’estate del 1974 il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ufficializzò il sistema che sarebbe stato adottato per le trasmissioni a colori in Italia: il PAL, progettato dall’AEG Telefunken e adottato con successo in Germania e nei Paesi anglosassoni. Il momento è fatidico: siamo nell’agosto del 1975 e la RAI incomincia finalmente le sue regolari prove tecniche di trasmissione a colori, con una speciale programmazione irradiata due volte al giorno nelle fasce orarie 10-11 e 15-16, sul Nazionale al mattino e sul Secondo Programma al pomeriggio, fino alla tarda estate del 1981. Quasi senza volerlo, le “Prove tecniche di trasmissione” sono diventate parte della storia della nostra televisione; sembra anzi incredibile che un tale programma, ideato per pure ragioni sperimentali e con quell’inquietante voce femminile fuori campo che ripeteva ad intervalli regolari “Prove tecniche di trasmissione”, abbia potuto riscuotere un così grande successo, soprattutto presso chi allora era ragazzo. La struttura di queste prove era così articolata: dopo alcuni minuti di video a strisce colorate e di audio con il sibilo a frequenza costante, incominciava la prima parte, consistente in una sequenza di immagini statiche riesumate dalle prime prove effettuate ad inizio Decennio. Sulle calde note della “Sonata per archi n. 3 in Do maggiore” di Gioacchino Rossini, le immagini erano le seguenti:

– elegante ragazza bionda in una cucina anni ’60;
– bambino fra i giocattoli, con in testa un copricapo da pellerossa;
– fiori di anthurium, uno rosso e l’altro verde;
– signora dai capelli scuri intenta a truccarsi, con rossetto e spruzzatore del profumo in bella evidenza;
– ragazza con racchetta e pallina, viste attraverso la rete di un campo da tennis.

Conclusa la prima parte, seguivano alcuni minuti del nuovo monoscopio a colori Philips PM5544, già in uso presso Tele Montecarlo che allora trasmetteva in SECAM. Incominciava così la seconda parte, costituita da una sequenza di filmati:

– signora che ritorna dalla spesa e prepara da mangiare, in una piacevole atmosfera casalinga accompagnata da una musica raffinata e distensiva;
– studio di pittori alle prese con varie tecniche: acquerello, olio, collage, carboncino ecc. Commento musicale d’eccezione: Adagio dal “Concerto in Re minore per oboe e orchestra op. 9 n. 2” di Tomaso Albinoni;
– rappresentante di stoffe che mostra a due bellissime ragazze, una dai lunghi capelli biondi, l’altra dai lineamenti orientali e con un’acconciatura a caschetto, un ricco campionario di scampoli in raso. Anche in questo caso, un commento musicale di rara bellezza: il “Notturno in Mi bemolle maggiore op. 9 n. 2” di Fryderyk Chopin;
– la stessa ragazza orientale mentre passeggia in un giardino di Roma, ammirandone i policromi fiori. Colonna sonora, il commovente dialogo tra corno inglese e flauto traverso, tratto dall’Ouverture del “Guglielmo Tell” di Gioacchino Rossini;
– scena al giardino zoologico di Roma, sulle note dell’Ouverture de “La gazza ladra” di Gioacchino Rossini.

Dopo un altro breve intermezzo col monoscopio Philips, la terza parte concludeva le prove tecniche, ripetendo le stesse immagini della prima ma col sottofondo di trionfanti musiche del periodo barocco. A partire da chi scrive, non furono pochi coloro che all’epoca seguivano quotidianamente le prove tecniche di trasmissione, arrivando in certi casi a vederle per ben due volte al giorno e registrandone su nastro la gradevolissima colonna sonora. Il desiderio sempre più forte del colore, il senso di un imminente futuro ad alta tecnologia, la bellezza della musiche, la delicatezza delle scene proposte, i particolari con maggiore effetto cromatico sapientemente evidenziati dalle riprese, il continuo esercizio della fantasia da parte dei numerosi spettatori che ancora possedevano il televisore in bianco e nero, possono spiegare perché queste prove tecniche risultassero tanto gradite. Sulla scia di questo ottimismo, a partire dall’estate del 1976 la RAI incominciò ad irradiare numerosi programmi a colori: le Olimpiadi di Montreal e soprattutto “I quaderni neri del TG2”, primo programma RAI a ricevere l’autorizzazione ministeriale ad essere trasmesso “parzialmente a colori”, ossia con riprese a colori in studio e filmati storici in bianco e nero. Per tutta la durata del 1976 e parte dell’inizio del 1977, le annunciatrici ci dicevano che “…la RAI è stata autorizzata a trasmettere il programma anche a colori…” e non vi è dubbio che la cosa stuzzicasse alquanto la sensibilità, se non l’invidia, di chi ancora non era dotato di un televisore idoneo.
Finalmente, proprio nel periodo natalizio, l’allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni Vittorino Colombo comunicò al termine delle edizioni serali del TG1 e del TG2 che il 1977 avrebbe decretato la nascita ufficiale della televisione a colori in Italia, passo indispensabile per consentire alla RAI di stare allo stesso livello delle principali emittenti europee. Data stabilita: martedì 1° febbraio. Giunse il tanto atteso giorno, celebrato da Corrado nella sigla d’apertura di “Domenica In” e da quel momento la nostra televisione incominciò a svecchiare la sua immagine, introducendo via via la lieta nota del colore tanto atteso dopo le innumerevoli pastoie burocratiche del passato. Le gloriose sigle di inizio e fine trasmissioni, soppresse nel 1982, furono colorate in azzurro, così come il vecchio Segnale Orario delle ore 20. Anche le italiche vedute dell’Intervallo ricevettero una nota di vivo colore, prima di scomparire anch’esse nel cassetto dei ricordi. Il vecchio monoscopio RCA in bianco e nero sparì definitivamente e poco per volta il colore si estese anche alle pubblicità (dal gennaio 1978) e a tutti gli altri programmi, da quelli di intrattenimento agli sceneggiati, dall’attualità ai film. Grandi fruitori del colore furono naturalmente gli spettacoli di rivista e le trasmissioni sportive, come ad esempio “90° minuto” che andò in onda per lungo tempo parzialmente a colori a seconda che la sede RAI collegata fosse attrezzata adeguatamente oppure no.
Resta, di allora, il tenero ricordo di una certa ingenuità, ma anche di tanta serietà professionale, caratteristiche che il delicato color pastello dei primordi della televisione a colori, ricco di distensive sfumature grigio-azzurre o di soffusi beige e crema, rende ancora più care se facciamo un qualsivoglia paragone con la moderna televisione, perfetta nel suo aspetto esteriore, magniloquente nel suo colore di smalto, proiettata verso tecnologie sempre più sofisticate ma deprimente nel suo stile urlato e spesso oltre ogni regola del galateo e del vivere civile.

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