Il denaro nel percorso spirituale

Fonte: http://www.salvatorebrizzi.com/2018/05/il-denaro-nel-percorso-spirituale.html

Il denaro è il compenso che riceviamo per aver fatto qualcosa per il mondo. Non dobbiamo infatti concentrarci sullo sforzo per ottenere denaro, ma dobbiamo rispondere alla domanda: «Qual è l’attività che più mi piace svolgere e che posso offrire come mio dono per il mondo?». Il mondo ha bisogno che tu diventi una persona di successo ed è un tuo dovere rispondere a questa chiamata.

Il denaro di per sé non ci farà diventare grandi, ma è il mezzo che possiamo utilizzare per compiere cose grandi. Per fare questo dobbiamo però risolvere un paio di meccanismi che si trovano radicati nel nostro inconscio:

1)   L’avidità di denaro, che ci fa credere di aver bisogno di cifre sempre più consistenti, perché la famosa “sicurezza economica” è come la linea dell’orizzonte nel deserto: una linea immaginaria, impossibile da raggiungere all’esterno di sé. L’avidità deriva dalla paura di morire.

2)   Il senso di colpa riguardo al denaro, quello che ci fa pensare: il denaro è la radice di tutti i mali, il denaro è il demonio, il denaro è responsabile delle guerre, il denaro rende disonesto chi lo possiede, non si può diventare ricchi e rimanere puri e piacere a Dio. Questo meccanismo INCONSCIO fa sì che colleghiamo ogni guadagno che vada oltre la mera sopravvivenza, all’azione del male dentro di noi.

Io qualche vero ricco in passato l’ho conosciuto (di quelli che entrano da Louis Vuitton e comprano un intero scaffale) e vi posso assicurare che non sono avidi di denaro. Lo usano, lo apprezzano, lo sfruttano, ma non ne sono avidi, perché non vivono nella paura. E sono così non perché appartengono a un’altra specie, ma perché sono stati educati fin da piccoli a concepire in questo modo il denaro. Non sono stati educati né alla paura di rimanerne senza, né al senso di colpa per averlo. E quei pochi – meno di quel che pensate – che si sono arricchiti pur essendo avidi… prima o poi perderanno ciò che hanno… e nel frattempo saranno vissuti nella paura di perderlo. Se insieme alla ricchezza non c’è anche serenità interiore non si può parlare di vero benessere, altrimenti potremmo prendere come esempi anche i boss mafiosi, ma credo che nessuno di voi si sentirebbe felice nel condurre quel tipo di vita.

 

Noi vogliamo amare il denaro come si ama – o si dovrebbe amare – il proprio partner: con gioia, con ammirazione, con trasporto… ma senza attaccamento, senza possesso, senza paura di poter perdere l’oggetto del nostro amore. Questo è un amore che rende libere entrambe le parti e fa sì che continuino ad attrarsi.

Esiste un approccio “verticale” al denaro, che va oltre le comuni concezioni:

1)   Il denaro può essere amato, ma non posseduto;

2)   Il denaro non va combattuto, né bisogna combattere per esso;

3)   Il denaro va rispettato, ma non idolatrato;

4)   Il denaro serve per migliorare il mondo;

5)   Del denaro si può disporne a piacimento pur senza sentirlo proprio;

6)   Il denaro serve a realizzare obiettivi, ma non è l’obiettivo;

7)   Il denaro diviene veramente nostro solo quando non ne sentiamo più il bisogno.

In un mondo che ha una disperata necessità d’aiuto non possiamo limitarci a guadagnare i soldi che ci servono per arrivare a fine mese e permetterci una vacanza all’anno. Questo è il vero egoismo. Questo significa pensare unicamente a se stessi e alla propria famiglia, utilizzando come scusa la povertà e il desiderio di rimanere onesti. Più soldi significherebbe anche più responsabilità nei confronti del mondo, e in fondo poche persone vogliono portare questo fardello.

Non costruite pozzi in Africa perché siete poveri o siete poveri perché non usereste mai i soldi per costruire pozzi in Africa? Non avete grandi obiettivi perché siete poveri oppure siete poveri perché non avete grandi obiettivi?

Nelle scuole del futuro insegneranno che il denaro deriva dall’amore per la propria missione di vita. Il denaro verrà considerato uno strumento spirituale, attraverso il quale ogni persona potrà misurare se stessa, ossia il suo rapporto profondo con la paura e con il senso di colpa. Analizzando il loro rapporto con il denaro le persone saranno in grado di portare alla luce ciò che si nasconde nel loro inconscio. Il denaro, infatti, non mente mai.

Non il desiderio di fare soldi, bensì una visione straordinaria guiderà i nostri figli… che saranno i ricchi del futuro, non grazie, ma nonostante i loro genitori. Il denaro servirà a convogliare la luce dell’anima all’interno della materia, permettendole di manifestarsi appieno attraverso il compimento d’una particolare missione.

Come gli abusi fisici si trasmettono da una generazione all’altra a causa dell’esempio del genitore che viene registrato nei muscoli e nelle ossa del bambino – il bambino abusato diventa infatti spesso a sua volta un abusatore – allo stesso modo, il rapporto disfunzionale che i genitori hanno con il denaro viene registrato e tramandato ai figli. Un appello ai genitori: non crescete i nuovi poveri che poi verranno consolati da papa Francesco, piuttosto crescete i nuovi ricchi che con la loro influenza cambieranno anche la politica e aiuteranno il mondo a crescere.

Correggere il proprio atteggiamento nei confronti del denaro contribuirà a sistemare quasi ogni aspetto della vita.

Billy Graham (1918-2018, famoso predicatore americano e consigliere spirituale per 12 presidenti degli Stati Uniti, da Harry S. Truman a Barack Obama)

Non abbiate paura: l’umanità all’epoca di Bob Kennedy

Fonte: http://www.libreidee.org/2018/06/non-abbiate-paura-lumanita-allepoca-di-bob-kennedy/

Esattamente 50 anni fa, nella notte tra il 5 e il 6 giugno del 1968, veniva ammazzato Robert Kennedy. Con lui si spegneva una stagione politica americana fatta di lotta per i diritti, per un mondo più inclusivo ed egualitario. Il suo omicidio arrivava dopo quello del fratello John (1963), quello di Malcolm X (1965) e quello di Martin Luther King (1968). La sua mancata corsa alla presidenza ha mutato il destino di un’America che oggi sarebbe molto diversa da com’è. E possiamo tranquillamente dire che sarebbe migliore. Per chi volesse ripercorrerne la storia, “Netflix” ha pubblicato una serie in 4 episodi. “Bob Kennedy for president”, il passato che è futuro. In quest’epoca di democrazie claudicanti è bello vedere questa serie: si racconta un’epoca storica in cui le democrazie occidentali erano nel loro fiore, dove si credeva nel potere dei diritti, dove i diritti avevano un appeal, dove si lavorava per unire, migliorare, superare vecchi schemi, verso un futuro in cui l’umanità era in grado di prendersi per mano per crescere.

Fu un’epoca soppressa nel sangue, ma che portò con sé un’onda lunga di sogni e di battaglie. Fino a qualche anno fa tutto ciò che era razzista, violento, guerrafondaio veniva visto anche come vecchio, destinato al superamento e alla scomparsa. Sembrava naturale ipotizzare un progresso tecnologico che andasse a braccetto con un progresso civile, culturale, economico e sociale. Negli ultimi anni tutti i fantasmi del passato hanno ripreso concretezza. Il razzismo è tornato in voga, la guerra sembra una necessità, i diritti sembrano un ingombro per un neoliberismo che come una macchina impazzita divora tutto ciò che incontra. Eppure ci sono segnali. Sarà che Urano è entrato in Toro, ma credo che l’epoca di Robert Kennedy stia tornando.

Chi era Robert Kennedy? Che sogno portava avanti? Come è stato infranto questo sogno e da chi? Tutto viene raccontato attraverso materiali d’epoca in un viaggio in un passato che è futuro. I semi possono attendere in un vaso per anni, ma quando il giardiniere si ricorda di loro, li può prendere, seppellire e in un attimo li vedrà germogliare. Il progresso è un fatto di memoria, la memoria innanzitutto della sua possibilità.

(Paolo Mosca, riflessione sulla memoria di Bob Kennedy proposta in “Ricordiamo Bob Kennedy a 50 anni dall’assassinio”, sul blog del Movimento Roosevelt il 6 giugno 2018, e nel post “Bob Kennedy for president, il passato che è futuro”, sul blog “Mosquicide”).

 

Il Governo blocchi il tentativo francese di impossessarsi di Unicredit, fondendola con la storicamente problematica SocGen! (ricordando il caso Fincantieri-STX)

Scritto da: Mitt Dolcino
Fonte:https://scenarieconomici.it/bloccare-fusione-unicredi-sg/

Eccoli gli “amici” francesi, sempre pronti ad approfittarsi dei vicini. Quando l’AD Mustier arrivò in Unicredit, a seguito del colpo di stato del 2011 contro l’Italia, fu chiaro a tutti come un ex legionario francese, ufficiale dell’esercito franco, si dice vicinissimo ai servizi segreti d’oltralpe che E. Letta invece certamente conosce benissimo visto che lavora per la loro Università a Parigi, fosse funzionale a portare in Francia tutto quello che era possibile da Unicredit. Ed in effetti fu così: i fondi Pioneer, tra i più grandi del mondo vennero venduti a chi? Credit Agricole, il governo Renzi incredibilmente bloccò la contro-offerta di Poste Italiane! Bank Pekao – la filiale polacca, un gioiello – venne invece costretta alla vendita dalla Polonia, imponendo unilateralmente limiti di solvibilità della casa madre inarrivabili per l’istituto di Piazzale Cordusio che l’EU si guardò bene dal contestare come avrebbe dovuto (fosse capitato a DB si sarebbe mossa anche la Bundesbank).

Oggi il tentativo è quello di fare il colpo gobbo e portarsi via tutto, fondendo Unicredit con SocGen, la problematica  banca francese che ricordiamo era quasi fallita nel 2009 nel post caso Kerviel, su cui aleggiamo moltissimi dubbi oltre all’ombra dei – appunto – servizi segreti francesi [che Mustier dovrebbe conoscere molto bene] per salvarla (vedasi LINK e LINK). [Mustier proviene da SocGen e fu coinvolto direttamente nello scandalo Kerviel, vedasi LINK]

Purtroppo il nostro team lo aveva già previsto, con terribile precisione (sigh).

E possibile che l’AD di Unicredit abbia il mandato di vendere la nostra prima banca ai Francesi?

Ora, Di Maio deve fare attenzione in quanto si gioca il primo asso ossia la sua credibilità: ha detto che vuole mantenere occupazione in Italia, bene, faccia attenzione che se SocGen comprerà Unicredit l’occupazione a termine se ne andrà dall’Italia [la sede] così come l’ossigeno – i finanziamenti – per le PMI italiane. Dunque, bisogna bloccare il tentativo di fusione cambiando il management di Unicredit (stesso discorso andrà fatto a breve anche per Assicurazioni Generali, progressivamente depauperata dei suoi asset da managers costantemente francesi [ed anzi molto vicini a Vincent Bollorè, che voleva portarsi via Telecom Italia per un tozzo di pane] che non sembrano – mia opinione – essere attenti agli interessi dell’Italia).

Sarebbe – a volerlo fare – molto facile bloccarli: basterebbe invocare le stesse regole ASIMMETRICHE utilizzate dai francesi per evitare che Fincantieri comprasse STX, con la differenza sostanziale che STX prima era già di proprietà straniera (coreana).

Di più, va indagato il passato di Mustier e la sua eccessiva vicinanza se non direttamente appartenenza ai servizi segreti francesi. Parimenti, vanno verificate tutte le vendite effettuate da Unicredit sotto la sua direzione (…).

Salvini e Di Maio si trovano col primo banco di prova, pesante. Certo, Parigi ha fretta di chiudere la partita Unicredit prima che il governo prenda forma e possa reagire, ossia prima che il governo abbia grip sulle banche e sul sistema, anche se penso che il Ministro Tria e Paolo Savona sappiano bene come operare per evitare la debacle.

La sostanza è semplice: L’Italia NON può permettersi di perdere Unicredit, punto e finito. A voler bloccare il tentativo non sarebbe difficile sventare il colpo, basta volerlo fare. Ed appoggiarsi a professionisti seri che vogliano fare l’interesse del paese, non svendendolo a basso prezzo come successo negli scorsi anni.

In ogni caso Mustier non è secondo chi scrive opportuno che resti al suo posto, a maggior ragione a fronte di queste notizie di stampa (…). L’italianità di UNICREDIT è un problema strategico per l’Italia, non solo economico. Ricordo infatti che non è solo la Germania ad aver messo il bastone fra le ruote all’Italia, cercando di fare il sacco di Roma e dintorni. Angela Merkel i risolini nel 2011 non li faceva da sola. E le frontiere francesi verso l’Italia – contravvenendo ai più basilari principi dell’EU – le hanno sigillate Hollande e Macron, non Roma. Senza dimenticare Bardonecchia…

MD