L’auto a benzina può diventare elettrica

Scritto da: Elena
Fonte: http://www.soloecologia.it/22012016/lauto-a-benzina-puo-diventare-elettrica/8378

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Dopo molte ricerche è stata perfezionata e autorizzata la procedura che consente di trasformare un’auto benzina in una a basso impatto ambientale.

Un’auto alimentata a benzina o gasolio potrà presto diventare una vettura elettrica. La notizia, diffusa nei giorni scorsi, rappresenta un importante traguardo per la mobilità green che avrà in questo modo maggiori possibilità di sviluppo. Dopo lunghi studi e ricerche, è stata finalmente perfezionata non solo la procedura di trasformazione dei veicoli ma anche definito il quadro normativo di riferimento con il Decreto n. 219 del 1 dicembre 2015 intitolato “Regolamento recante sistema di riqualificazione elettrica destinato ad equipaggiare autovetture M e N1” già pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Oltre alle norme tecniche e gli oneri di omologazione previsti per l’attuazione del processo di conversione del veicolo, la possibilità di poter trasformare una qualunque vettura in una a basso impatto ambientale potrebbe essere l’occasione giusta per incentivare anche in Italia l’adozione di soluzioni alternative per la mobilità. Se infatti molti automobilisti italiani non esitano e richiedere dei prestiti auto per rinnovare la vecchia auto, i dubbi si manifestano di colpo quando devono acquistare un’auto elettrica. Infatti le maggiori perplessità riguardano le prestazioni di guida e soprattutto i prezzi, ancora troppo elevati.

Come avviene la trasformazione dei veicoli?
La procedura di trasformazione di un’auto in veicolo elettrico prevede l’utilizzo di un vero e proprio kit, che comprende: un motore elettrico con convertitore di potenza, delle batterie elettriche da installare sul veicolo e un dispositivo per la ricarica delle batterie stesse. Il tutto dovrà essere eseguito da personale tecnico qualificato e in condizioni di perfetta sicurezza. Oltre ad aspetti puramente tecnici, la procedura comprende anche una fase burocratica.

Infatti, prima di poter circolare liberamente bisognerà rivolgersi alla Motorizzazione che provvederà alla valutazione degli aspetti tecnici del nuovo veicolo elettrico attraverso specifici test e, in caso di esito positivo, darà il suo consenso autorizzandone la messa in strada e aggiornando la relativa carta di circolazione del veicolo.

Perché conviene scegliere un’auto elettrica?
Oltre ai vantaggi per l’ambiente e per la qualità dell’aria della città, guidare un veicolo elettrico comporta molteplici vantaggi anche per la salute dell’uomo. A questo si aggiungono anche altri aspetti, come ad esempio i vantaggi economici. Infatti, molte compagnie assicurative offrono agli automobilisti che scelgono la mobilità green la possibilità di accedere a sconti e agevolazioni sui costi delle polizze auto, che quindi saranno più convenienti.

UGO FOSCOLO

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=74&biografia=Ugo+Foscolo

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Ugo Foscolo nacque il 6 febbraio 1778 a Zante, una delle isole ioniche, da padre veneziano e madre greca. Dopo la morte del padre si trasferì a Venezia, dove partecipò ai rivolgimenti politici del tempo manifestando simpatie verso Napoleone, salvo pentirsene amaramente dopo il trattato di Campoformio.

E’ considerato il primo grande intellettuale dell’età neoclassica. Figlio naturale dell’illuminismo, incarna in sé tutti i fermenti culturali del mondo in cui visse. Nella sua opera si trovano tutti gli elementi culturali che caratterizzano l’età a lui contemporanea (Neoclassicismo, Illuminismo, Preromanticismo).

 

Detto questo, non è certo possibile analizzare l’opera di Foscolo attraverso un itinerario in cui si distingua una fase illuminista poi una fase neoclassica e infine una fase preromantica; troveremo soltanto opere in cui sono presenti insieme tutti e tre questi elementi (persino nelle “Grazie”, che sembrano un regresso culturale verso il neoclassicismo dopo gli slanci dei “Sepolcri”).

Sul piano strattamente personale invece, la nativa Zante, che definì “la culla della civiltà” restò sempre la sua patria ideale, tanto da dedicarle un bellissimo sonetto (il celeberrimo “A Zacinto“). Per Venezia provò sentimenti altrettanto intensi e, mentre se per l’isola greca subì il fascino del vagheggiamento malinconico, considerò la Serenissima come una seconda patria, di fatto quella reale, per la quale, non a caso, si lasciò coinvolgere nei suoi destini politici.

Infatti, istituito nel 1797 a Venezia un governo democratico in cui assunse cariche pubbliche, pochi mesi dopo, in seguito al trattato di Campoformio con cui Napoleone cedeva Venezia all’Austria, dovette fuggire, riparando a Milano (sottratta da Napoleone all’Austria), ove strinse rapporti di affettuosa amicizia col Monti ed ebbe modo di avvicinare il Parini.

A Milano fu redattore del “Monitore italiano”, ma l’anno dopo si trasferì a Bologna, ove ricoprì la carica di aiutante cancelliere di un tribunale militare. L’anno successivo lasciò l’incarico per arruolarsi col grado di luogo­tenente nella Guardia Nazionale e, a fianco dei Francesi, combatté contro gli Austro-russi (rimanendo anche ferito durante una battaglia). Al comando del generale francese Massena partecipò alla difesa di Genova e quando la città fu costretta alla resa, seguì il Massena nella fuga.

Nel 1804 si recò in Francia, per motivi militari, e qui ebbe l’opportunità di trascorrere due anni di relativa calma, che impiegò in gran parte in amori appassionati, fra cui quello con l’inglese Fanny Emerytt da cui nacque la figlia Floriana. Tornato in Italia, visse tra Venezia, Milano, Pavia (ove ottenne la cattedra di eloquenza presso l’Università), Bologna e di nuovo Milano, da dove fuggì nel maggio del 1815 per non dover giurare fedeltà agli Austriaci. Dopo una breve permanenza a Lugano ed a Zurigo, l’anno dopo si stabilì a Londra, accolto dall’alta società. Qui guadagnò abbastanza con la pubblicazione delle sue opere, ma sperperò tutto con le sue dissolutezze: iniziò pure la costruzione di una lussuosissima villa, che non riuscì a pagare totalmente nonostante il soccorso della figlia Floriana (che, ritrovata a Londra, gli offrì tremila sterline). Inse­guito dai creditori, subì anche il carcere, e fu poi costretto a ritirarsi nel villaggio di Turnham Green, ove visse gli ultimi suoi anni in compagnia della figlia.

Elementi autobiografici della vita del Foscolo sono presenti nelle “Ultime lettere di Jacopo Ortis“, anche se spesso e volentieri l’autobiografia cede il passo alla fantasia, presentandone quegli ideali (chiamati poi “illusioni”) che, secondo Foscolo, permettono all’uomo di vivere la propria interiorità in modo meno drammatico, essendo addirittura validi argini psicologici contro il suicidio. Nell’Ortis, ad ogni modo, troviamo abbozzati tutti gli elementi che verranno elaborati nelle opere successive (gli ideali della patria, della poesia, dell’amore….). Il protagonista segue una direzione diversa dallo scrittore: Ortis arriva al suicidio, Foscolo no pur sempre aspirando alla pace e alla tranquillità nella sua travagliata esistenza.

Profondamente materialista e credente nella natura “meccanica” dell’esistenza (il suo lato illuministico, potremmo dire), visse in modo lacerante il momento di crisi dell’illuminismo, tanto da determinare in lui una visione pessimistica della vita. Foscolo aspirava alla gloria, alla fama, all’eternità ma la concezione illuministica (che vedeva la vita fatta di movimenti meccanici) limitava di fatto la realizzazione di queste aspirazioni, essendo l’ottica di quella filosofia legata alla convinzione che l’uomo sia un essere finito e soggetto a scomparire dopo la morte. Tirate le file, è la realtà della morte che induce Foscolo a cadere nel pessimismo che lo attanagliava. In base a queste considerazioni, elabora come detto quella che sarà definita come “la filosofia delle illusioni” che si caratterizza più che altro come una presa di coscienza del soggetto e dell’artista più che come una svalutazione delle potenzialità e della validità della ragione.

“Le illusioni”, insomma, danno un senso all’intera esistenza e contribuiscono alla convinzione che vi sia pur qualcosa per cui valga la pena vivere invece che darsi la morte autonomamente. Le illusioni, in sostanza, sono la patria, la poesia, la famiglia, l’amore; nei Sepolcri, invece, troveremo la “sublimazione ” di questo processo, scoprendo che “l’illusione delle illusioni” è la stessa poesia civile.

Accanto alla produzione maggiore (Ortis, Odi, Sonetti, Grazie, Sepolcri) troviamo anche altre opere, in particolare la fase cosiddetta didimea; è la fase dell’anti-Ortis, del viaggio in Inghilterra, del Foscolo maturo che ha abbandonato la passionalità e guarda con occhio critico ed ironico le cose della vita.

Ugo Foscolo scrisse anche alcune tragedie (Aiace, Tieste e Ricciarda) ad imitazione dell’Alfieri, in cui ha forte prevalenza l’esaltazione dell’agire passionale.

Morì il 10 settembre 1827. Le sue ossa furono trasferite a Firen­ze solo nel 1871 e vennero tumulate nel tempio di S. Croce, che egli aveva così tanto esaltato nel carme “Dei Sepolcri”.

Mosca denuncia Ankara: vuole invadere la Siria. Riyadh pronta a operazioni di terra contro Isis

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Mosca-denuncia-Ankara:-vuole-invadere-la-Siria.-Riyadh-pronta-a-operazioni-di-terra-contro-Isis-36597.html

Damasco (AsiaNews/Agenzie) – La Russia alza il livello della guerra verbale contro la Turchia, accusando Ankara di “intensi preparativi” per una invasione militare della Siria. L’Arabia Saudita, come i turchi vicina al fronte dell’opposizione che vuole cacciare il presidente Bashar al-Assad, è pronta a sostenere (eventuali) operazioni di terra della coalizione a guida statunitense contro obiettivi dello Stato islamico (SI). Sul terreno spirano sempre più forti i venti di guerra [decine di migliaia di persone in fuga da Aleppo per l’offensiva dell’esercito governativo, ndr], mentre a Ginevra i colloqui di pace “indiretti” sono stati “sospesi” dopo soli due giorni e senza esiti tangibili.

In queste ore il ministero russo della Difesa ha parlato di “crescenti segnali” di “preparazione sotto copertura delle forze armate turche” finalizzate a “operazioni attive sul territorio siriano”. Vi sono “motivi ragionevoli”, ha aggiunto il generale maggiore Igor Konashenkov, per pensare che la Turchia stia preparando un’azione sul campo.

Nei giorni scorsi Ankara ha impedito ai caccia russi di procedere a operazioni di ispezione in un’area che, secondo l’accordo sui “Cieli aperti”, sarebbe di competenza di Mosca. Il ministero russo parla di “precedente pericolo” e giudica la decisione un tentativo di coprire “attività militare illegale nei pressi del territorio siriano”.

La tensione fra Mosca e Ankara è cresciuta dall’abbattimento del jet russo da parte dell’esercito turco lungo il confine con la Siria. Nell’occasione la Turchia aveva accusato la Russia di violazione dello spazio aereo. In risposta, il Cremlino ha imposto sanzioni contro la Turchia e rafforzato le difese dei caccia impegnati in operazioni militari lungo la frontiera. Nihat Ali Ozcan, esperto di sicurezza turco, afferma che le accuse di Mosca sono “semplicemente irreali”. Alexei Malashenko, analista di vicende mediorientali al Carnegie Moscow Center, parla di una “linea rossa” che Turchia e Russia “sanno bene di non poter superare”.

Intanto anche l’Arabia Saudita si dice pronta a operazioni di terra sul territorio siriano per colpire basi e postazioni dello Stato islamico. Il generale di brigata Ahmed al-Assiri ha sottolineato che “in caso di volontà comune della coalizione” a guida statunitense di “operazioni sul terreno”, l’esercito di Riyadh “fornirà il suo contributo”. Dalla fine del 2014 il Paese arabo ha aderito alla coalizione di 65 Stati che ha promosso una campagna militare – basata sui raid aerei – contro Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] e altri gruppi jihadisti in Siria e Iraq.

Zika: la nuova Ebola?

Scritto da: Massimo Mazzucco
Fonte: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/21-medicina-salute/4334-zika-la-nuova-ebola

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Diventano sempre più allarmanti le notizie sul virus Zika, proveniente dal Brasile, e naturalmente ci si domanda se ci apprestiamo a rivivere un altro incubo mondiale come quello dell’Ebola.

Esattamente come per l’Ebola, infatti, le grandi testate giornalistiche parlano già dell'”ultima minaccia alla salute globale”, e ci dicono che 4 milioni di persone rischiano quest’anno di essere infettate dal virus.

Le notizie però – esattamente come per l’Ebola – sono estremamente contraddittorie. Mentre la vox-populi (il tam-tam mediatico internazionale) ci dice che il virus sia la causa dell’enorme aumento di casi di microcefalite nei neonati brasiliani, su RT, ad esempio, leggiamo che “Una relazione causale fra il virus Zika e le malformazioni dei neonati non è ancora stata stabilita, è solo fortemente sospettata“.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità (WHO) ci mette naturalmente del suo, e prevede che Zika si diffonderà “nelle Americhe” (Nord e Sud), mentre “altri scienziati dicono che anche l’Asia potrebbe dove affrontare una vasta diffusione del virus”. In altre parole, mezzo mondo rischia la pandemia. Esattamente come per l’Ebola.

Naturalmente, assieme al senso si panico viene associata automaticamente la magica parola “vaccino”.

Oggi – esattamente come all’inizio dell’Ebola – “purtroppo non esiste ancora un vaccino”, ma state tranquilli che le case farmaceutiche faranno miracoli per venire incontro alle nostre paure. Anche perchè – guarda caso – quest’estate in Brasile ci saranno le Olimpiadi, quindi avremo migliaia di sportivi, assistenti, giornalisti e accompagnatori che passeranno alcune settimane nel territorio infetto.

Vedrete che – esattamente come per l’Ebola – arriverà in fretta e furia un vaccino che “non è ancora stato testato a fondo, ma che conviene comunque usare come precauzione”.

E così, esattamente come per l’Ebola, qualcuno finirà per guadagnarci un sacco di soldi, e poi – si spera – tutto ricadrà nel silenzio più assoluto. Esattamente come per l’Ebola.

Riparare il sistema: noi, prigionieri di illusioni (magiche)

Fonte: http://www.libreidee.org/2016/02/riparare-il-sistema-noi-prigionieri-di-illusioni-magiche/

Ci troviamo in una crisi del sistema, che potrebbe farlo cadere, o semplicemente in una ordinaria crisi nel sistema, oppure (peggio ancora) in una crisi progettata e prodotta dal sistema per perfezionarsi e perpetuarsi? E poi: il genere umano può essere portato ad accettare condizioni di vita tali da farlo regredire a livelli subumani, o da farlo estinguere, in modo che si scongiuri il disastro ecologico? Il capitalismo finanziario digitalizzato e globalizzato tende a smaterializzare ogni bene, merce, servizio, anche gli esseri umani, traducendoli in valori finanziari, ciè in simboli, in numeri, e a metterli online per moltiplicare il profitto contabile che esso per sua natura persegue, ignorando tutto il resto. Il cambiamento consisterà nell’essere tradotti in bits, bites e figures? Che altre trasformazioni ci saranno imposte per renderci idonei a questa traduzione? E che ragion d’essere resterà alla nostra vita biologica, dopo che questa smaterializzazione sarà state eseguita?

La logica impellente della massimizzazione del profitto, sostiene Marco Della Luna, non ammette limiti nemmeno morali alla mercificazione di ogni cosa esistente o “esistibile” (futures), né ammette diritti inalienabili, quindi una natura umana Marco Della Luna(giuridica, genomica) intangibile, un uomo portatore di diritti incondizionati, «perché di ciò che è incondizionato non si può fare trading, e ciò di cui non si può far trading non può generare profitto». Convertire il capitalismo per renderlo solidale con l’umanità e l’ambiente? Pura utopia. Nel libro “Neuroschiavi”, scritto con Della Luna, lo psichiatra Paolo Coni scrive: «Sono un grave paranoico e sto da anni pensando di mettere su un piano per assoggettare tutta la popolazione mondiale ai miei voleri». Un decalogo agghiacciante. Primo, «drogare la popolazione con sostanze d’abuso e farmaci». Poi, «diminuire il Qi generale favorendo programmi d’intrattenimento di massa demenziali, “divertendo” attraverso la solleticazione di impulsi primordiali». Bisogna «distruggere ogni riferimento a tradizioni, cultura e religione, sbandierando, per prevenire obiezioni, che mi sto occupando di favorire la “cultura” della popolazione».

E bisogna «distruggere la scuola, riempiendola di contenuti “alternativi” che confondono sugli obiettivi da raggiungere e fare screening psicologico-psichiatrici nelle scuole per individuare bambini disturbati da “normalizzare». Poi occorre «rendere insicura la popolazione facendola invadere da masse informi e incontrollate, non integrabili», e al tempo stesso «fare proclami di integrazione e di accoglienza impossibili da gestire e, mentre la popolazione si sente invasa e impaurita, farla sentire ancora più insicura sbandierando l’apertura dei confini indiscriminata». Economia: «Dopo aver fatto assaporare un periodo di benessere economico teso alla spesa incontrollata, con il denaro che ha sostituito i precedenti valori, provocare una “crisi” economica senza fine dove la popolazione fa fatica a tirare avanti e non ha più valori sostitutivi al denaro, che viene a mancare». Tutto questo, mentre si mostra «gente viziata e ricchissima che guadagna stipendi da mille e una notte per tirare due pedate o cantare una canzoncina, o occuparsi del nostro bene pubblico».

Bisogna anche «distruggere quel che resta della famiglia, logorata da anni di leggi contrarie ad incentivarla e da un’ideologia del godimento che l’ha minata culturalmente, rendendola un optional arcobalenato». Infine, conviene «introdurre norme sempre più restrittive della libertà di pensiero, in nome della “democrazia”», e naturalmente «distruggere l’identità di genere fino dalle scuole, confondendo le idee su quelle che sono le basi della personalità individuale». Bisogna anche essere rassicuranti, ricorda Della Luna: «Se c’è un problema di cui manca una soluzione, o non parli del problema, o inventi una soluzione bella, desiderabile, confortante e almeno astrattamente possibile, per quanto irrealistica, o non “falsificabile” – ad esempio, una soluzione “spirituale”». La tua ostentata sicurezza sarà manna, per i clienti: «Avranno un bisogno permanente delle tue prestazioni per stare bene, per vincere, temporaneamente, la paura e la frustrazione». Oggi, infatti, «di fronte a problemi molto grandi, gravi e minacciosi, da cui ci si sente sovrastati, si tende ad accettare soluzioni e speranze irrazionali, Migrantiinverificabili, o anche magico-religiose». Così, ci abbandoniamo a pericolose illusioni, scrive Della Luna in un post che riprende una recente conferenza.

«Quando l’uomo si sente insoddisfatto, in pericolo e sfiduciato, anche delle proprie capacità di analisi razionale, tende a rivolgersi all’irrazionale, al pensiero consolatorio, per un aiuto o una speranza o una profezia, per poter pensare e progettare il proprio domani. E tende ad assumere un atteggiamento psicologicamente regressivo, infantile». E quindi, si sogna a occhi aperti: «La prima illusione è che vi siano sistemi stabili, per loro natura durevoli se non permanenti, simili alle macchine, la cui condizione normale è funzionare uniformemente». In realtà non esistono sistemi stabilili, tutto è sempre dinamico: «Lo Stato repubblicano italiano oggi si chiama ancora Stato italiano e ha la medesima bandiera anche se, rispetto a quando fu fondato, è divenuto una cosa qualitativamente diversa, avendo ceduto a enti non nazionali la sovranità monetaria, di bilancio, legislativa, e avendo così perduto quella sovranità e indipendenza senza cui uno Stato non è più tale, quindi avendo addirittura cessato, giuridicamente e politicamente, di essere uno Stato».

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L’ENI e il petrolio russo

Scritto da: Luisa Gris
Fonte: http://luniversale.you-ng.it/2015/02/22/leni-e-il-petrolio-russo/

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Il 25 giugno 1962 venne presentato alla Commissione per la Sicurezza del Senato degli Stati Uniti un rapporto dal titolo “problemi sollevati dall’offensiva petrolifera sovietica”, realizzato su richiesta di Kenneth Keating, senatore repubblicano di New York. Parte del rapporto era dedicato alla possibilità che il petrolio sovietico giungesse clandestinamente in Europa grazie alla complicità dell’ Eni e dell’Egitto (che in quel rapporto veniva definita “monopolio petrolifero italiano a forte tendenza filo-sovietica”); si avanzava l’ipotesi, ritenuta assai allarmante per la sicurezza del mondo libero, che parte del petrolio sovietico acquistato dall’Egitto, fosse poi trasferito clandestinamente in Italia, per essere raffinato negli impianti siciliani dell’Eni ed essere poi distribuito nella penisola e in altri paesi dell’Europa occidentale.

L’ipotesi di questa triangolazione clandestina era sorta dallo studio delle quantità di greggio prodotte, esportate e importate dell’Egitto nel corso del 1961: secondo i dati raccolti da Hoskins e poi inseriti nel rapporto per il Senato, in quell’anno dal sottosuolo egiziano era stata estratta una quantità di greggio sufficiente al fabbisogno interno, mentre il Paese aveva importato 1.300.000 tonnellate dall’Urss nel corso dello stesso anno; l’Italia aveva importato dall’Egitto 1.500.000 tonnellate di greggio. Da questi rapporti si evinceva che la quantità di petrolio estratto dai pozzi non poteva essere sufficiente sia per la domanda interna che per l’esportazione, per la quale dunque si era fatto probabilmente ricorso al petrolio proveniente dal Mar Nero.

L’ente italiano volle replicare che il fabbisogno petrolifero del Paese arabo era stato nel 1961 di cinque milioni di tonnellate ed era stato coperto solo in parte dai giacimenti egiziani: 700.000 tonnellate infatti erano state fornite dalla produzione della Cope (il 50 per cento apparteneva all’Eni) e 1.200.000 dalla Anglo-Egyptian Oil Company; ma poi le autorità italiane avevano dovuto acquistare 1.300.000 tonnellate di greggio saudita dalla Calex e un 1.800.000 dall’Unione Sovietica.

La Cope a sua volta non aveva estratto solamente le 700.000 tonnellate destinate al mercato egiziano: dei 2.300.000 tonnellate estratte complessivamente dalla Cope nel 1961, infatti, oltre alla quota destinata al fabbisogno interno del Paese, una parte era stata venduta alla Calex (500.000 tonnellate) e le rimanenti 1.110.000 tonnellate erano state importate dall’Eni in Italia. In base a queste cifre non vi sarebbe stato nessun trasferimento occulto di petrolio sovietico da parte dell’Italia attraverso l’Egitto, dal momento che tutto il greggio giunto in Sicilia sarebbe stato estratto dalla Cope.

In un comunicato stampa diffuso attraverso l’Agenzia Italia, la dirigenza Eni aggiungeva che: “Le insinuazioni acquistano un significato particolare, perché sono contenute in un rapporto ufficiale del Senato statunitense e sono indirizzate contro un’impresa che appartiene allo Stato italiano. La sola fonte citata è un articolo del Christian Science Monitor, pubblicato il 12 dicembre 1961, che a sua volta riprende un articolo del Sole 24 Ore del 22 novembre. Un sospetto lanciato con tanta leggerezza contro l’Eni si rivela per ciò che è realmente: il più recente tentativo da parte dei grandi interessi petroliferi mondiali di gettare discredito su una compagnia la cui unica colpa è stata di aver rotto la congiura del silenzio verso le pratiche monopolitistiche, grazie alle quali essi hanno sfruttato per trent’anni i consumatori di tutto il mondo”.

Il rapporto voluto nel 1962 dal Senato nordamericano sui “Problemi sollevati dall’offensiva petrolifera sovietica” rifletteva il clima di apprensione e di allarme con il quale da qualche anno i politici e i dirigenti delle compagnie occidentali guardavano alla situazione petrolifera mondiale: la metà degli anni Cinquanta aveva segnato l’ingresso dell’Unione Sovietica fra i Paesi esportatori di petrolio, dal momento che la scoperta di nuovi giacimenti nella regione del Volga e negli Urali consentì al Paese di raddoppiare in cinque anni la quantità di greggio estratto dal sottosuolo. I dirigenti di Mosca decisero di adottare una politica aggressiva e di immettere nel mercato internazionale crescenti quantità di petrolio a un prezzo inferiore del 20 o 30 per cento rispetto a quello del greggio estratto in Medio Oriente.

Mattei, spinto dalla costante necessità di petrolio a buon mercato per garantire il pieno utilizzo degli impianti di raffinazione, nel 1960 firmò un accordo con l’Unione Sovietica che prevedeva l’importazione in Italia di 12 milioni di tonnellate di petrolio sovietico in quattro anni, per un valore complessivo di circa 12 miliardi di lire, che l’Eni avrebbe pagato cedendo a Mosca 240.000 tonnellate di tubi di acciaio, 50 milioni di tonnellate di gomma sintetica, oltre ad alcuni impianti di pompaggio. Con questo accordo l’Italia veniva ad occupare il primo posto, fra i Paesi europei, nelle importazioni di greggio sovietico con tre milioni di tonnellate annue, contro le 2,8 della Germania Federale, le 2,2 della Finlandia e 1.400.000 tonnellate della Svezia. In termini di dipendenza dal petrolio sovietico, comunque, l’Italia era in buona compagnia all’interno della Nato nel 1963, mentre il greggio di Mosca copriva il 25 percento del fabbisogno italiano; garantiva anche l’11 percento di quello della Germania Federale, il 40 percento della Grecia e ben il 93 percento del fabbisogno energetico dell’Islanda.