Russia: cancelleremo il dollaro USA

Scritto da: Francesca Bertarelli
Fonte: http://www.byoblu.com/post/minipost/russia-cancelleremo-il-dollaro-usa#more-39815

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Russia: il dollaro è lo strumento con cui gli Stati Uniti impongono la loro dittatura sul mondo. Subito una coalizione formata dai Brics e da istituzioni economiche euroasiatiche per escluderlo dalle riserve di valuta estera.

Aleksander Bastrykin, presidente del Comitato Investigativo della Federazione Russa, ha richiesto l’istituzione di una coalizione internazionale per combattere ciò che ha definito una vera e propria “dittatura” imposta dagli Stati Uniti al resto del mondo.

La costituzione di una coalizione internazionale potrebbe essere fondamentale per contrastare la dittatura che gli Stati Uniti ed i loro alleati occidentali ci impongono” ha detto venerdì scorso ad una tavola rotonda tenutasi a Mosca. Secondo Bastrykin, il predominio geopolitico di Washington si basa su una “incontrollata e non garantita” iniezione del dollaro nell’economia globale. “E’ contro qualsiasi logica finanziare un paese che sta usando le stesse risorse contro il nostro interesse” ha detto, per poi aggiungere che una coalizione internazionale dovrebbe far in modo di escludere gradualmente il dollaro dalle riserve di valuta estera.

Il funzionario russo ha definito “guerra ibrida” quella che gli Stati Uniti ed i loro alleati  stanno conducendo contro Mosca, una guerra basata sul “dumping” del mercato energetico e una “guerra valutaria” basata sull’espansione incontrollata del dollaro. Bastrykin ha detto anche che alcuni gruppi ed istituzioni internazionali – come la Shanghai Cooperation Organization, la Comunità economica eurasiatica, i BRICS e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Globale – hanno già stabilito gli elementi di base per la costruzione di una futura alleanza globale.

La Russia è in contrasto con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, anche a causa di altre questioni tra cui la crisi in Ucraina (che vede i paesi occidentali accusarla di alimentare il conflitto ) e la decisione della NATO  di rafforzare la propria presenza nei paesi ad est dell’Alleanza. Inoltre, la situazione in Medio Oriente potrebbe presto degenerare nella terza guerra mondiale, un conflitto che è già in corso, sotto forma di guerra economica, ma che potrebbe presto vivere un’escalation militare e nucleare: “Putin pronto alla terza guerra mondiale se l’Arabia Saudita invade la Siria“.

 

 

BOLLE OBBLIGAZIONARIE OVUNQUE!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2016/02/11/bolle-obbligazionarie-ovunque/

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In questi giorni ho ricevuto una mail nella quale uno dei nostri compagni di viaggio mi comunicava…

“Ciao Andrea, leggendo quello che scrivi, mi è venuto in mente che a dicembre ad un mio carissimo amico il suo promotore ha fatto cambiare tutto il portafoglio, suggerendo che c’è una bolla nell’obbligazionario e che non c’è alternativa ai mercati azionari, solo li c’è reddito…”

Bene, non stiamo a ripetere le solite cose scritte per ormai sette lunghi anni, ma non c’è stato anno nel quale la solita volpe si è svegliata comunicando al mondo intero che l’obbligazionario è in bolla, che l’inflazione e la ripresa sarebbero ripartite il giorno dopo.

Non c’è alternativa con circa il 40 % dei bond europei ormai in territorio negativo, ovvero che alla scadenza garantiranno una perdita.

Dedichiamo solo due immagini a tutti quelli che non hanno avuto fede, soprattutto ricordando che ciò che vedono non è nulla rispetto a quello che ci attende, alla faccia di tutti coloro che in questi anni hanno chiamato la madre di tutte le bolle che non è mai rimasta incinta…

ImmagineE questa è l’altra faccia della medaglia, quando scendono i rendimenti aumentano i prezzi…

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Noi sappiamo qualcosa che gli altri non sanno?

No studiamo semplicemente la storia ed applichiamo l’analisi empirica, ma oggi è più facile riempirsi la bocca dalla mattina alla sera di fantasia, in fondo la fuori c’è un mondo che dimentica facilmente, delle favole che il giorno prima qualcuno aveva raccontato loro.

Ricordo ancora il panico questa primavera, anche tra molti dei nostri lettori, ma la verità è spesso figlia del tempo, dello studio e dall’analisi.

Agli amici di Machiavelli ricordo solo di non dimenticare mai la nostra bussola, quella è la storia che parla, 150 anni di storia, che oggi nessuno vuole più rileggere o studiare.

Verrà il giorno nel quale il limite sarà raggiunto, e la carta brucerà come suggerisce la deflazione da debiti,  ma come ben sappiamo non si tratta di anni ma di lustri, ma che ci volete fare, loro tengono famiglia, ogni giorno vi devono raccontare una favola nuova.

Buona consapevolezza e … mi raccomando attenzione perchè l’obbligazionario è in bolla!

La dieta vegetariana allunga la vita, oppure no?

Scritto da: Andrea Sperelli
Fonte: http://www.italiasalute.it/dieta.asp?id=2118

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Non ci sarebbe correlazione fra un consumo di carne moderato e la riduzione dell’aspettativa di vita. A dirlo è un nuovo studio dell’Università di Oxford che sembra smentire l’ipotesi della pericolosità della carne e dei benefici dell’approccio vegetariano all’alimentazione.
L’analisi – rilanciata dall’associazione Carni sostenibili – ha esaminato le abitudini alimentari e lo stato di salute di 60.310 adulti del Regno Unito negli ultimi 30 anni. Lo studio segnala la mancanza di differenze in termini di mortalità fra i diversi gruppi di dieta esaminati, ovvero vegani e vegetariani non mostrano un’aspettativa di vita più lunga rispetto a chi mangia carne. Fanno eccezione le morti per cancro pancreatico e tumori del sistema linfopoietico: in questo caso, chi consuma carne cinque o più volte alla settimana ha un rischio superiore rispetto agli altri.

Per quanto riguarda le prime 6 cause di morte, invece, non c’è differenza statisticamente significativa nella mortalità fra vegetariani o vegani e consumatori di carne. I dati sono risultati sovrapponibili sia in seguito agli aggiustamenti statistici riguardanti il peso (BMI), il genere, l’abitudine al fumo, sia confrontando la mortalità prima dei 75 anni e a 90 anni.
Il punto cruciale sembra essere quindi la moderazione. Se si adotta un regime alimentare equilibrato, senza privarsi di alcun alimento, ma variando i cibi, il problema non sussiste. Le linee guida americane sull’alimentazione, peraltro, indicano nelle calorie totali, nella percentuale di grassi saturi e degli zuccheri e nell’abuso di sale i principali fattori di rischio, tralasciando il consumo di carne.
In ogni caso, da qualche tempo a questa parte c’è un vero e proprio boom di adesioni alla dieta vegetariana. Stando ai dati diffusi dalla Società scientifica di nutrizione vegetariana, 1 italiano su 10 ha ormai detto addio alla carne.
Luciana Baroni, presidente della società, commenta: «Poco meno del 10 per cento della popolazione italiana segue una dieta vegetariana, sia latta-ovo che vegana. Le persone responsabili hanno preso coscienza che si tratta di una scelta salutare ed ecosostenibile: l’aspetto ecologista è infatti tutt’altro che irrilevante, e la scelta di cosa mangiare ha un effetto potente sull’impatto ambientale delle nostre scelte alimentari”.
“Gli studi condotti sui vegetariani – continua Baroni – evidenziano una protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari (infarto e ipertensione), delle malattie metaboliche (dislipidemie, obesità e diabete) e di tutti i tipi di cancro, nonché nei confronti della cataratta e della malattia diverticolare”.
Uno studio inglese rivela inoltre che il consumo di vegetali allunga in media del 20 per cento la vita.
In realtà la ricerca dell’Imperial College di Londra parla di un 70 per cento di cibo consumato proveniente da fonti vegetali, quindi non si può parlare propriamente di dieta vegetariana. Questa preponderanza dei vegetali, comunque, ha l’effetto di ridurre del 20 per cento il rischio di morire a causa di malattie cardiovascolari rispetto a chi segue una dieta in base alla quale solo il 45 per cento di alimenti è di origine vegetale.
I ricercatori inglesi hanno analizzato i dati del grande studio Epic, un’analisi di respiro europeo sulle abitudini alimentari dei cittadini del vecchio continente.
“Invece di evitare drasticamente gli alimenti di origine animale, come fanno molti anche con l’obiettivo di allontanare il cancro, sostituire solo in parte il consumo di carne con cibi provenienti da fonti vegetali può essere un modo molto semplice e utile per abbassare la mortalità cardiovascolare”, hanno spiegato i ricercatori.
Un altro studio pubblicato su Jama Internal Medicine va invece oltre e suggerisce l’adozione di una dieta interamente vegetariana. Lo studio della Loma Linda University, in California, è stato firmato dal dott. Michael J. Orlich, che insieme ai suoi colleghi ha analizzato i dati di oltre 73 mila uomini e donne che hanno partecipato a un follow up di 6 anni, nel corso dei quali sono morte più di 2500 persone.
Grazie ai questionari compilati a suo tempo dai pazienti, i ricercatori hanno potuto suddividere il campione in cinque gruppi diversi: i non-vegetariani (onnivori), i semi-vegetariani, i pesco-vegetariani (cioè chi non mangia carne, ma consuma comunque pesce), i lacto-ovo-vegetariani (chi non mangia carne e pesce, ma consuma uova e latticini) e infine i vegani puri, ovvero coloro che non consumano alcun prodotto di origine animale.
Dai risultati emerge una differenza netta nella mortalità fra gli onnivori e i vari tipi di vegetariani, con percentuali che variavano dallo 0,88 al 12 per cento in meno di rischio a seconda del tipo di vegetarianismo adottato.
È chiaro di conseguenza il rapporto di causalità fra l’adozione della dieta vegetariana e il rischio di morte, un’associazione più evidente fra gli uomini rispetto alle donne. Come previsto, la riduzione della mortalità riguarda in particolar modo le patologie cardiovascolari, ma non esclude tutte le altre malattie.
Ad esempio, i ricercatori hanno individuato 380 casi di tumore del colon e 110 casi di cancro del retto, scoprendo che rispetto ai non vegetariani, chi seguiva una dieta vegetariana aveva il 22% di probabilità in meno di sviluppare un tumore colorettale di qualsiasi tipo. In particolare, le probabilità di ammalarsi erano diminuite del 19% per il cancro del colon e del 29% per quello del retto. Inoltre, rispetto ai non vegetariani, i semi-vegetariani avevano l’8% in meno di rischio di cancro del colon-retto, che scendeva al 18% in meno tra i vegetariani che consumavano di preferenza latte e uova e addirittura al 43% in meno tra coloro che consumavano pesce. “Se tali associazioni sono causali, la dieta semi-vegetariana o vegetariana può essere di estrema importanza nella prevenzione primaria dei tumori colorettali”, conclude Orlich.
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Paraguay: 14 milioni di alberi abbattuti in un mese

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/deforestazione/4138-paraguay-14-milioni-di-alberi-abbattuti-in-un-mese.html

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Secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’associazione ambientalista locale Guyra, nel Chaco paraguaiano sono stati abbattuti 14 milioni di alberi nel giro di un solo mese. Il Chaco è una foresta asciutta che si trova a sud dell’Amazzonia, ed è il principale habitat forestale dell’America meridionale. Secondo diversi studi scientifici, il Chaco è uno dei luoghi a più alta biodiversità della terra. Questo habitat forestale è anche la casa degli Ayoreo, una delle più vulnerabili tribù del Paraguay. Il Chaco soffre attualmente del tasso di deforestazione più alto al mondo.

Secondo il rapporto di Guyra, nell’ottobre scorso sono stati abbattuti 28.000 ettari di foresta. Parte di queste terre appartengono alla tribù indigena degli  Ayoreo che, a causa degli allevatori di bestiame, sono stati costretti a uscire dalla loro foresta. Le aziende produttrici di carne Yaguareté Porà SA e la spagnola Carlos Casado SA hanno già distrutto vaste aree della foresta ancestrale degli Indiani.

Alcuni membri della tribù sono tuttora incontattati. Vivono in fuga per sfuggire ai bulldozer che invadono le loro porzioni di foresta, in costante diminuzione.

A seguito del primo contatto molti Ayoreo sono morti per malattie, come raffreddore e influenza, verso cui non avevano difese immunitarie. L’assistenza sanitaria resta completamente inadeguata. Molti oggi muoiono per una malattia simile alla tubercolosi, e non ricevono l’aiuto di cui avrebbero bisogno. Recentemente, la commissione inter-americana per i diritti umani ha intimato al Paraguay di rispettare le terre degli Ayoreo.

David Bowie: il video oscuro di ★ Blackstar

Scritto da: Emanuele Fardella
Fonte: http://oltrelamusicablog.com/2015/11/24/david-bowie-il-video-oscuro-di-blackstar-%E2%98%85/

Il nuovo singolo di David Bowie, Blackstar ★, è stato presentato come una traccia sperimentale. Il ritmo del brano è ipnotico, ripetitivo fino all’ossessione. Più della musica, tutta dissonata tra jazz e avant garde, più della voce, riconoscibilissima ma più gelida di una folata glaciale, è il video che genera malessere: non seduce, disturba. Morte e paura sono in ogni nota, in ogni cosa, in ogni piega del volto severo, teso, cereo.

Il videoclip è un cortometraggio della durata di dieci lunghi minuti, ed è decisamente inquietante e di difficile comprensione. Lo spettatore viene proiettato in un pianeta da incubo, nei cui cieli si staglia minaccioso un buco nero al posto del sole (Blackstar ★, appunto). Ci sono molti riferimenti esoterici, simbolismi che si avvicendano fra riti iniziatici e tragici riferimenti alla passione di Cristo, il tutto cantato e descritto con versi estremamente ermetici da un David Bowie che appare, inizialmente, bendato. Le immagini che si susseguono, con un ritmo tutt’altro che incalzante, suscitano una notevole angoscia. Vengono mostrati uomini e donne che “vibrano” come se fossero stati ipnotizzati o come “posseduti” da qualcosa di misterioso che sembra aleggiare nell’aria. Una sacerdotessa, con in mano un teschio, evoca spiriti immondi durante un rito pagano mentre in un campo appaiono tre spaventapasseri. Colpisce il fatto che siano proprio tre, con le braccia e la posa dei corpi che ricorda maledettamente quella di tre uomini crocifissi. L’atmosfera è molto lugubre e musicalmente, il brano si allontana anni luce da qualsiasi cosa Bowie abbia cantato fino ad oggi.

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Nel testo della canzone, viene continuamente citata la “villa di Ormen con una candela che è al centro di tutto”. Ormen è il titolo di un romanzo dello scrittore svedese Stig Dagerman, morto suicida a soli 31 anni. Il terrore era una delle tematiche delle sue opere che sembra rievocare, in maniera quasi morbosa, le suggestioni di Blackstar ★. Non è semplice captare il significato del testo, così come del video musicale. Ad una prima lettura sembra alludere alla figura dell’angelo caduto, ovvero Lucifero:

Il giorno in cui è morto è successo qualcosa
Lo spirito è salito di un metro e si fece da parte
Qualcun altro prese il suo posto, e coraggiosamente urlò:
Sono una Stella Nera, sono una Blackstar
Quante volte cade un angelo?
Non posso rispondere perché (sono una Blackstar)
Seguimi (non sono una stella del cinema)
Ti porterò a casa (sono una Blackstar)

Ma potrebbe essere suscettibile di diverse interpretazioni. Guardando il video, è comunque evidente lo stampo luciferino e l’impronta occultistica.

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Il video è stato diretto da Joan Renck, regista che ha diretto alcuni episodi di Breaking Bad e Walking Dead nonché la nuova serie poliziesca The Last Panthers.

In un’intervista pubblicata su Noisey, il regista, parlando di Blackstar ★, ha dichiarato la sua ammirazione per Aleister Crowley, padre del satanismo moderno:

Beh, io sono una grande fan di Crowley, lo sono sempre stato. Ho cercato di fare un film sulla sua vita, qualche anno fa, ma il progetto non è andato a buon fine. Amo Crowley per essere stato un uomo audace. Penso sia stato molto frainteso. Era un bravo ragazzo, ma è stato raffigurato come un uomo malvagio e lui non lo era. Amava l’idea di vivere in un mondo magico e ha cercato di evocare quella merda. E ovviamente non ci riuscì perché quella merda non esiste, in realtà.

Nel video, i riferimenti al mago nero britannico sono evidenti: dalla Torre di Guardia, al Pentacolo impresso in quella che sembra essere una “bibbia nera” che Bowie brandisce con fierezza.

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Allusione alla “bibbia satanica“? Non ci è dato saperlo, almeno per il momento Bowie non ha rilasciato dichiarazioni sul reale significato del video ma ricordiamoci che nulla viene creato dal caso; ogni scena, ogni immagine, ogni parola è studiata per trasmettere qualcosa di ben preciso. E l’atmosfera lugubre e occulta del cortometraggio ci lascia già presagire l’intento dell’artista e della sua musica.

Cesare Battisti

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2332&biografia=Cesare+Battisti

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Giuseppe Cesare Battisti nasce il giorno 4 febbraio 1875 a Trento, periodo storico in cui la città fa parte dell’Impero austro-ungarico. I suoi genitori sono Cesare Battisti, commerciante, e Maria Teresa Fogolari, nobildonna. Dopo aver frequentato il ginnasio a Trento, si trasferisce a Graz: qui si lega al gruppo dei marxisti tedeschi, e con loro fonda un giornale che viene subito censurato. Dopo il breve periodo di studi a Graz, si sposta a Firenze dove inizia a frequentare l’università.

Consegue una laurea in Lettere nel 1898; successivamente consegue una seconda laurea in Geografia. Segue le orme dello zio materno, don Luigi Fogolari – il quale fu condannato a morte per cospirazione dall’Austria e solo successivamente graziato – e abbraccia presto gli ideali patriottici dell’irredentismo.

Abbandonati gli ambienti accademici dedica le sue attività agli studi geografici e naturalistici, pubblicando alcune apprezzate “Guide” di Trento e di altri centri della regione, insieme all’importante volume “Il Trentino”.

Parallelamente Cesare Battisti si occupa di problemi sociali e politici: alla testa del movimento socialista trentino, si batte per migliorare le condizioni di vita degli operai, per l’Università italiana di Trieste e per l’autonomia del Trentino.

Nel 1900 fonda il giornale socialista “Il Popolo” e quindi il settimanale illustrato “Vita Trentina”, che dirige per molti anni. Il desiderio di lottare per la causa trentina decide di scendere attivamente in politica, si candida e nel 1911 viene eletto deputato al Parlamento di Vienna (Reichsrat). Tre anni più tardi, nel 1914, entra anche nella Dieta (riunione del popolo) di Innsbruck.

Il 17 agosto 1914, appena due settimane dopo lo scoppio della guerra austro-serba, Cesare Battisti abbandona il territorio austriaco e fugge in Italia, dove diventa da subito un propagandista attivo per l’intervento italiano contro l’Impero austro-ungarico: tiene comizi nelle maggiori città italiane e pubblica articoli interventisti su giornali e riviste. Tra le città in cui soggiorna c’è Treviglio (dove risiede in via Sangalli al numero 15).

Il 24 maggio 1915, l’Italia entra in guerra: Battisti si arruola volontario con il Battaglione Alpini Edolo, 50ª Compagnia. Combatte al Montozzo sotto la guida di ufficiali come Gennaro Sora e Attilio Calvi. Per il suo sprezzo del pericolo in azioni arrischiate riceve, nell’agosto del 1915, un encomio solenne. Viene poi trasferito presso un reparto sciatori al Passo del Tonale e successivamente, promosso ufficiale, al Battaglione Vicenza del 6º Reggimento Alpini, operante sul Monte Baldo nel 1915 e sul Pasubio nel 1916.

Nel maggio 1916 si trova a Malga Campobrun per preparare la controffensiva italiana. Il 10 luglio il Battaglione Vicenza (formato dalle Compagnie 59ª, 60ª, 61ª e da una Compagnia di marcia comandata dal tenente Cesare Battisti, di cui è subalterno anche il sottotenente Fabio Filzi) riceve l’ordine di occupare il Monte Corno (1765 m) sulla destra del Leno in Vallarsa, occupato dalle forze austro-ungariche. Durante le operazioni molti Alpini cadono sotto i colpi austriaci, mentre molti altri vengono fatti prigionieri. Tra questi ultimi si trovavano anche il sottotenente Fabio Filzi e il tenente Cesare Battisti stesso che, dopo essere stati riconosciuti, vengono incarcerati a Trento.

La mattina dell’11 luglio Cesare Battisti viene trasportato attraverso la città a bordo di un carretto, in catene e circondato da soldati. Durante il percorso, numerosi gruppi di cittadini e milizie, aizzati anche da poliziotti austriaci, fanno di lui bersaglio di insulti, sputi e frasi infamanti.

La mattina seguente, il 12 luglio 1916, viene condotto al Castello del Buon Consiglio insieme a Fabio Filzi. Durante il processo non rinnega nulla del suo operato, ribadendo altresì la sua piena fede all’Italia. Respinge l’accusa di tradimento a lui rivolta e si considera a tutti gli effetti un soldato catturato in azione di guerra.

Alla pronuncia della sentenza di morte mediante capestro per tradimento, per rispetto alla divisa militare che indossa, Cesare Battisti prende la parola e chiede di essere fucilato anziché impiccato. Il giudice gli nega questa richiesta e procede invece ad acquistare alcuni miseri indumenti da fargli indossare al momento dell’impiccagione.

L’esecuzione avviene nella fossa dei Martiri, nel cortile interno del Castello del Buonconsiglio. Secondo le cronache il cappio legato intorno alla gola di Battisti, si spezza: tuttavia invece di concedergli la grazia come sarebbe stata usanza, il boia Lang (venuto da Vienna, chiamato ancora prima che il processo iniziasse) ripete la sentenza con una nuova corda. Le ultime parole di Battisti sarebbero state: “Viva Trento italiana! Viva l’Italia!

Alla vedova Ernesta Bittanti (1871 – 1957) viene liquidato l’importo di 10.000 lire dalla RAS, compagnia di assicurazione di Trieste, all’epoca austroungarica. Lascia tre figli Luigi (1901 – 1946), Livia (1907 – 1978) e Camillo (nato nel 1910).

Cesare Battisti è ricordato nella canzone popolare “La canzone del Piave“, citato assieme a Nazario Sauro e Guglielmo Oberdan.

All’eroe nazionale italiano sono dedicati monumenti, piazze, parcheggi e vie in tutta Italia. A Trento è stato eretto un grande mausoleo sul Doss Trento, che sovrasta simbolicamente la città. La montagna su cui venne catturato viene adesso chiamata Monte Corno Battisti

RADICI E STORIA DELLA GRAPPA

Fonte: http://www.grappa.com/ita/grappa_dettaglio.php/titolo=radici_e_storia_della_grappa/idpagina=22/idnews=1/idsezione=2

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Quando si iniziò a produrre Grappa?

Non è semplice rispondere ad una simile domanda. La produzione di distillato di vino, ad esempio, divenne nota quando il medico padovano Michele Savonarola (1384 – 1462) pubblicò il primo trattato su questo argomento: “De Conficienda Aqua Vitae”.
Probabilmente, si iniziò a distillare la vinaccia già nel XIV o nel XV secolo, o forse prima ancora.

In molte pubblicazioni dedicate alla storia di questo distillato si fa riferimento ad un documento riguardante un certo Enrico di ser Everardo da Cividale del Friuli. Pare che nel suo testamento avesse lasciato in eredità “unum ferrum ad faccenda acquavitem” (un alambicco per distillare l’acquavite) e in tale contesto si nomina anche la grespìa. In realtà, mai vi è stata prova a sostegno di questo aneddoto e il testamento mai reso pubblico.

La Grappa non era un’acquavite destinata ai ceti più abbienti, che riservavano per sé il vino o magari il distillato di questo, lasciando alla popolazione ciò che restava: ovvero le bucce, i semi e i raspi dell’uva fermentata.

Sicuramente questa Grappa era molto diversa dal distillato che oggi conosciamo. Doveva essere molto più secca, satura di sostanze a volte sgradevoli e pungenti: la Grappa attraversò le epoche con queste caratteristiche di bevanda semplice, forte e bruciante.

La Grappa conquistò definitivamente un posto nella storia durante la Grande Guerra e il Monte Grappa ben ne testimonia l’importanza. Essa divenne il coraggio liquido necessario agli Alpini per affrontare i pericoli e le difficoltà.

La Grappa del passato era prodotta con alambicchi a bagnomaria o a fuoco diretto, con metodo artigianale a ciclo discontinuo. Non erano ancora impiegati gli strumenti industriali di distillazione, giunti in Italia solo alla metà del secolo scorso.

Non erano ancora diffuse nemmeno le Grappe provenienti dalla selezione di un solo tipo di vitigno, fatto salvo quelle di Moscato o Malvasia. Esisteva essenzialmente la classica Grappa Bianca, frutto della distillazione di vinacce miste.

Nel secondo dopoguerra, la società italiana conobbe un momento di sviluppo senza precedenti. Gli italiani cambiarono il proprio stile di vita, godendo di una condizione economica favorevole.
I gusti mutarono radicalmente e con essi cambiò anche il modo di vivere e considerare la Grappa. Si iniziò ad assaggiare la Grappa, abbandonando un po’ alla volta l’abitudine di bere senza distinzioni di gusto e di grado alcolico.

Assieme al mutare del gusto, anche la Grappa si è fatta più morbida, meno aggressiva, rivelando tutta la sua nobiltà, anche attraverso prolungati affinamenti in legno.

Gli Emiri su Marte con l’Agenzia spaziale italiana

Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/

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Entro sei anni i controversi Emirati Arabi Uniti (EAU) saranno il primo paese arabo a sbarcare su Marte e lo faranno grazie alle tecnologie e alle infrastrutture fornite dall’ASI, l’Agenzia spaziale italiana. Il 25 gennaio scorso il presidente ASI Roberto Battiston ha firmato ad Abu Dhabi un Memorandum of Understanding con l’omologo rappresentante della UAE Space Agency, Khalifa Mohammed Al Rumaithi. L’accordo, che avrà durata quinquennale e sarà rinnovato automaticamente ad ogni scadenza, prevede lo sviluppo di progetti congiunti “incentrati all’uso pacifico dello Spazio”, l’organizzazione di una serie di conferenze e la “promozione di scambi tecnologico-scientifici e industriali”.

Il programma più ambizioso dell’accordo spaziale riguarderà l’invio da parte UAE di una sonda su Marte tra l’estate del 2020 e i primi mesi del 2021 nel quadro della missione denominata Hope Mars Probe che il regime arabo ha varato due anni fa (con la collaborazione statunitense) per celebrare il cinquantesimo anniversario della sua indipendenza. I contatti bilaterali tra l’ASI e l’agenzia spaziale degli Emirati Arabi erano in corso dal 2015 e diversi studenti emiratini sono stati ospitati in Italia per partecipare a corsi di specializzazione. In passato, l’agenzia italiana aveva sottoscritto altri importanti accordi di collaborazione con Paesi che competono a livello internazionale per il controllo civile-militare dello spazio (oltre che con i membri europei dell’Agenzia spaziale europea, Australia, Argentina, Brasile, Cina, Corea del Sud, Egitto, Federazione Russa, Giappone, India, Israele, Kenya e Stati Uniti d’America).

“Sono molto soddisfatto per l’accordo che abbiamo firmato con gli amici della UAE Space Agency”, ha dichiarato alla stampa il presidente ASI Roberto Battiston. “A questo programma l’Italia può dare un contributo importante, come terzo Paese ad avere messo in orbita un satellite dopo l’Unione Sovietica e gli Usa nel 1964 con il progetto San Marco. Mi aspetto sviluppi interessanti, come l’osservazione della Terra con tecniche radar, l’esplorazione di Marte, l’analisi scientifica, la gestione dei dati e le telecomunicazioni, le infrastrutture industriali aerospaziali”.

“L’ampio ed articolato ventaglio di relazioni fra Roma ed Abu Dhabi si arricchisce di un importante filone di cooperazione”, ha commentato l’Ambasciatore italiano negli Emirati, Liborio Stellino. “La firma del MoU fra le due Agenzie Spaziali nazionali prelude infatti ad un percorso proficuo di partenariato innovativo e ad alto valore aggiunto in cui l’eccellenza e l’esperienza italiane nel settore della ricerca spaziale si coniugano ottimamente con la determinazione, le risorse, le capacità e gli ambiziosi programmi emiratini. La missione italiana fungerà certamente da traino per il nostro settore industriale”. Secondo la Farnesina e l’ASI, il futuro step della cooperazione tecnologica e industriale con gli Emirati potrebbe riguardare lo sviluppo dei sistemi di controllo di tutti i veicoli automatici, dai droni (civili e militari), alle unità navali, terrestri e alle auto “senza conducente”.

Alla recente missione dell’Agenzia spaziale italiana in terra araba hanno preso parte anche i rappresentanti di una decina di aziende italiane del settore aerospaziale e delle telecomunicazioni. In particolare, i delegati del complesso militare-industriale-spaziale hanno avuto modo di visitare il Mohammed Bin Rashid Space Center di Dubai, l’Higher Colleges of Technology ad Abu Dhabi e la Grande Moschea della capitale. Testimonial d’eccezione della missione italiana, l’ex tenente colonnello dell’Aeronautica militare Maurizio Cheli (poi responsabile di Alenia Aeronautica per lo sviluppo del cacciabombardiere Eurofighter Typhoon), che nel 1996 fu il secondo italiano a partecipare ad una missione nello spazio con lo Shuttle.

“La sonda marziana degli Emirati rappresenta l’ingresso del mondo islamico nell’era dell’esplorazione spaziale: dimostreremo che siamo in grado di offrire nuovi contributi scientifici all’umanità”, ha enfaticamente dichiarato il presidente EAU Shaikh Khalifa Bin Zayed al-Nahyan. Quella su Marte sarà comunque una missione rigorosamente “senza uomini a bordo”, nel rispetto della fatwa, la risposta secondo il diritto islamico emessa dall’Autorità generale per gli Affari Islamici degli Emirati Arabi Uniti, con cui sono stati vietati i viaggi verso Marte con equipaggio umano perché ritenuti equivalenti “a un suicidio”.

L’agenzia spaziale degli Emirati Arabi Uniti è nata a seguito del decreto della legge federale n. 1 del luglio 2014 che ha fissato quattro obiettivi strategici: l’organizzazione e lo sviluppo del settore spaziale “a servizio degli interessi nazionali”; la promozione e il supporto della ricerca scientifica e dell’innovazione; la formazione in ambito universitario nazionale e internazionale delle figure quadro nel campo della scienza spaziale; la gestione dei progetti di sviluppo in accordo con gli standard internazionali “in fatto di qualità, efficienza e trasparenza”. Per implementare i programmi spaziali gli Emirati hanno già investito oltre 5,5 miliardi di dollari. Il primo satellite, il Thuraya 1, realizzato dalla statunitense Boeing, è stato messo in orbita terrestre nel 2000; altri due satelliti dello stesso modello sono stati lanciati rispettivamente nel 2003 e nel 2008 dalla Thuraya Satellite Telecommunications Company che si occupa di comunicazioni telefoniche satellitari. Nel biennio 2011-2012 sono stati lanciati i due satelliti YahSat 1A e 1B, realizzati dall’azienda europea EADS. Altri due satelliti, DubaiSat-1 e 2, realizzati dallo EIAST (Emirates Institute for Advanced Science & Technology) sono stati lanciati rispettivamente nel 2009 e nel 2013 con il razzo Dnepr ed appartengono all’azienda Dubai Sat che si occupa di osservazioni e mappature terrestri. Un terzo satellite della serie, denominato Khalifa Sat, è in fase di sviluppo presso l’EIAST e dovrebbe essere lanciato in orbita entro la fine del 2017 con un razzo di produzione giapponese. Il Khalifa Sat sarà in grado di riprendere immagini della superficie terrestre con una risoluzione di 70 cm. e non farà mancare certamente il suo contributo ai piani di egemonia militare globale degli emiri e degli sceicchi di Abu Dhabi.

Copenaghen disinveste quasi 1 miliardo di euro dalle fonti fossili

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/copenaghen_fonti_fossili.html

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La commissione finanze di Copenaghen ha accolto la proposta del sindaco Frank Jensen di disinvestire quasi un miliardo di euro in corone danesi togliendo questo denaro dalle fonti fossili. Ora l’ultima parola passa al consiglio cittadino. E l’Italia?

«Copenhagen è all’avanguardia nella transizione erso l’energia verde» ha detto il sindaco della capitale danese. «E noi stiamo impegnandoci per diventare la prima capitale al mondo a bilancio neutro di CO2 nel 2025. Quindi abbiamo ritenuto sbagliato continuare a investire in petrolio, carbone e gas». Ha spiegato Thomas Meinert Larsen, responsabile dell’operazione di disinvestimento: «L’energia eolica è da record in Danimarca e stiamo per coprire l’80% del nostro fabbisogno per l’elettricità e il riscaldamento con fonti rinnovabili, entreremo a regime nel giro di 4 anni. Abbiamo anche le prove secondo cui le aziende e i gruppi che lavorano con le fonti fossili hanno mentito deliberatamente sui cambiamenti climatici e stanno facendo pressioni in maniera aggressiva per fermare le politiche energetiche a loro non vantaggiose. La decisione di dismettere gli investimenti nelle fonti fossili mette Copenaghen dalla parte giusta della storia». Il disinvestimento su questo fronte è nell’agenda anche di altre capitali europee, come Stoccolma, Amsterdam e Berlino. Anche Oslo si è già mossa in questa direzione, così come Parigi e Newcastle in Australia. Nel mondo oltre 500 municipalità hanno iniziato a ridurre in varie forme i loro investimenti nelle fonti fossili.

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Fuori controllo l’invasione degli insetti transgenici

Scritto da Beatrice Salvemini
Fonte: http://www.terranuova.it/Ambiente/Fuori-controllo-l-invasione-degli-insetti-transgenici

Nel luglio scorso è stata evitata per un soffio l’immissione nell’ambiente di decine di migliaia di insetti transgenici a poca distanza dai confini italiani. Ma dal 2009 ad oggi sono già decine di milioni gli esemplari liberati nel mondo.

Fuori controllo l'invasione degli insetti transgenici

Decine di milioni di insetti geneticamente modificati liberi nell’ambiente. Non è un incubo né un fanta-thriller; è la realtà. Di cui pressoché nessuno parla, che pressoché nessuno spiega perché così nessuno si preoccupa o protesta. Dal 2009 l’azienda leader in questo campo, l’inglese Oxitec, sta immettendo nell’ambiente decine di milioni di esemplari nei quali sono state introdotte alterazioni genetiche con l’obiettivo (almeno quello dichiarato), a seconda dei casi, di rendere sterili gli accoppiamenti per ridurre il numero di eventuali parassiti o rendere inoffensivi insetti portatori di patologie per l’uomo. A due passi dal confine italiano si è evitato per un soffio, nel luglio 2015, il rilascio di decine di migliaia di mosche dell’olivo che la Oxitec voleva realizzare a Tarragona, in Spagna. L’intenzione è stata portata alla luce dall’associazione TestBiotech insieme ad altri movimenti, che hanno sollevato un polverone tale da indurre il governo spagnolo a non concedere l’autorizzazione. Peraltro negli ultimi anni è stata messa a punto una tecnica chiamata gene drive, grazie alla quale una determinata mutazione riesce a replicarsi da un cromosoma all’altro e viene trasmessa ai discendenti anche eludendo le regole della normale riproduzione sessuale, diffondendosi dunque con grande rapidità nell’intera popolazione di insetti e nell’ecosistema in maniera irreversibile.

Dal 2009 in silenzio

Di fatto, è dal 2009 che la Oxitec ha iniziato a rilasciare nell’ambiente milioni di esemplari di insetti geneticamente modificati. In quell’anno l’azienda, che conta tra le proprie fila molti tecnici arrivati direttamente da Sygenta, ha iniziato dalle Isole Cayman, territorio inglese senza legislazioni in materia di biosicurezza, diffondendo zanzare allo scopo dichiarato di combattere la febbre dengue. Sono stati modificati geneticamente esemplari di Aedes aegypti, responsabili della trasmissione della dengue, poi sono stati allevati in laboratorio e nutriti con tetracicline, cioè antibiotici; nell’ambiente sono stati liberati i maschi, che non pungono, che si accoppiano con le femmine dando luogo a discendenti portatori dell’alterazione che ne provoca la morte in assenza di nutrimento a base di tetracicline. Nel 2010 è stata la volta della Malesia, nel 2011 sono iniziati gli esperimenti in Brasile, sempre direttamente nell’ambiente, nel 2014 a Panama. Tra il 2001 e il 2002 in Arizona c’erano già stati test in campo aperto su aree limitate.

L’estate 2015 ha visto la liberazione di milioni di zanzare transgeniche nella zona di Piracicaba in Brasile, «rilascio dalle dimensioni  maggiori rispetto a tutti gli altri» ha spiegato il responsabile del progetto in loco, Guilherme Trivellato, riferendosi all’area coperta: l’equivalente di 65 campi da calcio con 5.200 persone che ci vivono. E il rilascio proseguirà fino a marzo 2016, arrivando a 30 milioni di esemplari immessi nell’ambiente. «La verità? Quello che sta succedendo a Piracicaba è un esperimento, non esistono studi che consentano di affermare che non ci sono rischi» ha detto José Maria Gusman Ferraz del ministero brasiliano della scienza e tecnologia.

Ma tutto questo serve almeno contro la dengue? Dai primi dati sembrerebbe di no. I risultati delle Cayman lasciano trasparire l’inefficacia di questa strategia: sono stati liberati ogni settimana 2,8 milioni di esemplari maschi modificati per ridurre gli esemplari originari solo di 10.000 unità. Ma la cosa che lascia perplessi gli attivisti di GeneWatch, come spiegano, «è che non è stato monitorato l’impatto della liberazione di queste zanzare modificate sull’incidenza della dengue», unica cosa che sarebbe interessante verificare. «Peraltro, ridurre una specie di questo insetto» spiegano ancora da GeneWatch, «fa aumentare il numero di una specie rivale,Aedes albopictus, vettore importante di dengue e chikungunya che potrebbe essere molto più difficile da eradicare rispetto allaAedes aegypti; inoltre il virus potrebbe mutare e già ci sono segnali di queste circostanze».

La Oxitec lavora anche su parassiti delle colture agricole; per esempio, ha sviluppato esemplari transgenici di farfalla cavolaia, di mosca dell’olivo e di mosche della frutta. L’intenzione è quella di ridurre il numero di insetti “normali” perché si fa in modo che le femmine, dopo essersi accoppiate con maschi transgenici, muoiano allo stadio larvale. L’azienda inglese ha inoltre in animo di combinare piante geneticamente modificate con insetti transgenici per cercare di rallentare la diffusione della resistenza alle tossine contenute nelle stesse colture ogm. Un “esercito” di parassiti del cotone con alterazioni genetiche (contenenti un gene marcatore fluorescente e sterilizzati utilizzando radiazioni) è stato liberato nell’ambiente dal 2006 al 2008 negli Stati Uniti nell’ambito di un piano di controllo degli insetti dannosi e se ne stanno studiando esemplari che resistano alla tossina Bt di mais e cotone. Inoltre, è stato mappato il genoma delle api e nel 2011 la rivistaNatureha riportato l’intenzione degli scienziati di «costruire un’ape migliore»; i ricercatori stanno anche dandosi da fare per mappare il genoma di centinaia di altri insetti e atropodi.

I rischi

«In mancanza di una completa valutazione dei rischi, non si può avere consapevolezza delle conseguenze di questi esperimenti» aggiungono da GeneWatch, essendo peraltro ben chiaro che ai movimenti degli insetti non si possono mettere confini né limiti. «Ci sono tanti meccanismi grazie ai quali questi insetti modificati geneticamente possono sopravvivere e disseminarsi ovunque e si pensi al fatto che in laboratorio almeno un 3% degli esemplari ha mostrato di riuscire a sopravvivere anche senza alimentarsi con tetracicline. Quando queste zanzare sono state alimentate con cibo per gatti industriale contenente pollo trattato con tetracicline, la loro sopravvivenza è aumentata dal 15 al 18%. Inoltre, spesso vengono rilasciate anche femmine che rimangono nei gruppi liberati; le femmine sono quelle che pungono, alle Isole Cayman ne sono state individuate 5.000 ogni milione di maschi. Quelli che sopravvivono possono poi evolversi con mutazioni genetiche tali da diventare resistenti ai meccanismi stessi che dovrebbero farli soccombere». Un altro rischio, sempre secondo GeneWatch, è la disseminazione ulteriore nell’ambiente della resistenza agli antibiotici che potrebbe passare al sangue umano. Poi, anche l’uso di ceppi non autoctoni potrebbe portare non poco scompiglio.

Ma il peggio deve venire

Quello che ha portato la stessa rivistaNature, con un editoriale nell’agosto scorso, a mettere in chiaro come non si possano più ignorare i rischi, è la ulteriore evoluzione di queste tecniche di manipolazione genetica degli insetti, chiamatagene drive. Praticamente, il gene modificato riesce a “saltare” da un cromosoma ad un altro nello stesso individuo, quindi tutto lo sperma o le uova di quell’esemplare porteranno il tratto transgenico, non solo la metà di essi come avviene con l’accoppiamento. Il metodo, che si sta attualmente applicando, permette appunto di diffondere le alterazioni eludendo persino le normali regole dell’accoppiamento, quindi con maggiore velocità e irreversibilità. Come riportato sempre su Nature, il 30 luglio la National Academy of Sciences, Engineering and Medicine (NAS) americana ha organizzato il primo di una serie di meeting con l’intento di chiarire i pericoli di tali operazioni. Il nuovo metodo può rapidamente modificare non un singolo organismo, bensì una intera popolazione, con una modalità che aumenta esponenzialmente le probabilità che l’alterazione venga trasmessa alle generazioni successive. La tecnica potrebbe essere utilizzata per rendere le zanzare incapaci di trasmettere la malaria o per eliminare specie invasive, ma sta di fatto che possono esserci impatti ambientali inimmaginabili e attualmente non studiati, per di più non reversibili. «Una volta che si parte, non si torna più indietro» ha detto Walter Tabachnick, genetista dell’università della Florida. E Kevin Esvelt, un bioingegnere della Harvard Medical School di Boston, ha costituito un gruppo di scienziati insieme ai quali chiede a gran voce che vengano definite strategie di contenimento per la ricerca in questo campo.

Il problema è che non ci sono legislazioni apposite e le maglie sono larghissime. I pochi obblighi esistenti sono molto facilmente eludibili.

Cosa fare

Il rischio, di fronte a tutto questo, è di sentirsi impotenti. Le decisioni vengono prese spesso in silenzio, senza informare correttamente la popolazione e quindi si fatica ad ottenere le informazioni che permetterebbero di far sentire la propria voce critica e di chiedere tutele e garanzie per la salute e l’ambiente. Vi forniamo però alcuni suggerimenti che possono, se non altro, far presente che la sensibilità dei cittadini cresce e che possono mettere le autorità nella posizione di sentirsi “monitorate” anche in Italia.

Scrivete al Cnr. Scrivete al Consiglio Nazionale delle Ricerche, indirizzando la vostra lettera al presidente, Luigi Nicolais. Stampatevi le fonti bibliografiche che qui trovate citate, esprimete la vostra preoccupazione, fate presente che manterrete alta l’attenzione e chiedete che il Cnr si faccia promotore di un appello nei confronti dei ricercatori e degli scienziati che chieda il pieno rispetto del principio di precauzione. Cnr, all’attenzione del presidente prof. Luici Nicolais, piazzale Aldo Moro 7, 00185 Roma; tel 06-49933200, email presidenza@cnr.it.

Scrivete al Ministero dell’Ambiente e a quello della Ricerca scientifica. Anche in questo caso, Stampatevi le fonti bibliografiche che qui trovate citate, esprimete la vostra preoccupazione, fate presente che manterrete alta l’attenzione e chiedete che il ministro, in prima persona, si prenda l’impegno di aprire un dibattito con la cittadinanza e di informare correttamente la popolazione qualora si dovessero verificare situazioni anche in Italia in cui viene richiesta l’autorizzazione alla ricerca in laboratorio su insetti transgenici o al rilascio nell’ambiente. Ministro dell’Ambiente, via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma, tel. 06-57221, email URP@minambiente.it; Ministro dell’Università e Ricerca, via Michele Carcani 61, 00153 Roma, tel. 06-97721, email urp@istruzione.it e segreteria.duar@miur.it.

Scrivete alla Oxitec. Potete esprimere la vostra preoccupazione e chiedete che vi vengano forniti tutti gli studi in loro possesso che hanno accertato la sicurezza dell’immissione nell’ambiente di insetti transgenici. Scoprirete che i dati a disposizione sono veramente pochissimi. Oxitec Ltd, 71 Innovation Drive, Milton Park, Abingdon, UK OX14 4RQ, tel +44 (0) 1235 832 393, email info@oxitec.com.

Se qualcuno vi risponde, contattateci e inviateci il materiale; sarà interessante esaminarlo.